L’intesa siglata nella sede della Commissione, dove avrebbero parlato di acqua, coesione e cambiamento climatico, consolida un canale di dialogo bipartisan che spiazza i radicalismi d Schlein e di Emiliano
Il patto dell’ “orecchiotto”, sintesi tra le strascinate, tipica pasta barese, e il pasticciotto salentino: l’hanno siglato l’eurodeputato dem Antonio Decaro e il neo vicepresidente della Commissione europea, Raffaele Fitto, bandiera della destra meloniana nei Palazzi di Bruxelles. Il leader conservatore ha ricevuto l’ex presidente nazionale Anci nel suo ufficio istituzionale: più della nota diffusa dall’esponente Pd, con concessioni alla neolingua di Elly (tra “resilienza idrica” e l’immancabile “sfida climatica”) conta la photo opportunity che li immortala dialoganti seduti uno di fronte all’altro nell’ufficio belga.
Si guardano negli occhi, i due nuovi dioscuri pugliesi, come il gatto e la volpe delle avventure di Collodi, e suggellano l’intesa che ha consentito il via libera alla Commissione Ursula bis e all’incarico operativo per l’esponente Ecr, nonostante gli strali dei socialisti spagnoli e francesi, i più irriducibili anti-sovranisti. Di fatto c’e’ da chiedersi chi sia nel loro cammino il povero Pinocchio, e i ben informati si dividono tra individuarlo in Michele Emiliano (sempre ruvido con Fitto) o Ella del Nazareno, che ha improntato la segreteria al costante ostracismo contro ogni emanazione di Via della Scrofa, ma ha dovuto ingoiare il via libera al voto per l’ex ministro di Giorgia. Si configura una nuova frontiera dialettica tra Fdi e area riformista dem, che supera le contrapposizioni propagandistiche ispirate dalla Schlein, quasi un nuovo asse bipartisan.
Oltre la cortesia istituzionale che ha portato a mettere l’appuntamento in cima all’agenda fittiana, c’e’ di fondo un modus operandi (senza fronzoli) condiviso tra i due, negli anni in cui si sono confrontati a Palazzo Chigi, uno nelle vesti di rigido “ri-mo-du-la-to-re” del Pnrr e l’altro con la toga di difensore dell’efficienza nella spesa dei Comuni italiani. I due, però, non si erano mai amati. Proprio a Bari, nell’autunno 2022, si erano incontrati alla presentazione in libreria del saggio del direttore del Foglio Claudio Cerasa, tra fair play di facciata e qualche stoccata più o meno polemica. Ma quelle schermaglie sono ormai archiviate.
Nella capitale belga hanno fatto sapere di aver discusso di temi che incrociano la Commissione Envi presieduta da Decaro, con le deleghe del vicepresidente, un vasto ambito che va dalla coesione all’acqua, passando per il green deal, e le politiche sulla casa. E sui fondi Ue, l’ex sindaco di Bari ha ribadito che e’ necessaria “una linea di finanziamenti che metta al centro le città come soggetti attuatori di politiche di coesione ”. Insomma le risorse europee, per il barese, devono avere come terminale (anche) i municipi, tema che incontra i desiderata dell’ampia fascia di sindaci dem di estrazione pragmatico-riformista.
L’accordo dell’ “orecchiotto”, però, ha effetti anche in Puglia, dove Fitto ha chiuso in bellezza – con il placet della premier Giorgia Meloni – l’accordo sui fondi Fsc, tagliando qualche sbracatura prevista dai piani dell’emiro Emiliano, costretto a prendere tutto il pacchetto dopo mesi di estenuanti trattative tra gli uffici di Roma e Bari. Decaro, candidato prescelto dalla nomenclatura dem per il post-Sceicco, ha le prossime regionali in tasca (la destra annaspa) e può già scegliere come addobbare la sua stanza nella presidenza della Regione Puglia: mentre prepara accordi e liste civiche per la competizione, ha scelto in autonomia di seppellire l’ascia di guerra che sventolavano i dem pugliesi (con Big Mike in testa) contro Fitto. Con realismo puntella il suo prossimo cammino, nel quale i fondi europei e la riduzione al minimo degli attriti con Roma e il governo della destra saranno parte di un viaggio pieno di cesure con l’emilianismo.
E lo Sceicco? Osserva la tavola apparecchiata a Bruxelles da Raffaele e Antonio, immaginando di tirare fuori l’asso dalla manica: una candidatura al Consiglio regionale per rimanere in gioco e determinare i nuovi equilibri della “Puglia rossa”, in attesa di un fare un saltino in Parlamento per chiudere il cursus honorum iniziato da sindaco di Bari nel 2004.