I siriani e gli ucraini che Assad e Putin hanno fatto sparire

Prima del crollo del regime, in Siria c’erano 112 mila scomparsi conteggiati, anche se la cifra reale probabilmente non la sapremo mai. Anche i numeri ucraini sono delle stime, riguardano i soldati e i civili: 55 mila scomparsi in meno di tre anni

I vivi, in Siria, cercano le tracce degli scomparsi, vogliono sapere dove sono finiti, dove sono morti, se sono morti, come e chi ha messo fine alla loro vita. I sopravvissuti nelle galere del regime di Bashar el Assad riemergono con gli occhi cerchiati e i corpi torturati, scoprono che cosa è successo là fuori, alla luce che per molti è stato comunque buio, spesso vanno dritti ai cimiteri ad abbracciare lapidi – e nella gerarchia di questo osceno svelamento dell’orrore, la lapide è quasi un privilegio. I numeri in Siria sono approssimazioni di una catastrofe, stime al ribasso: c’erano, prima del crollo del regime, 112 mila scomparsi conteggiati, la cifra reale probabilmente non la sapremo mai.

Quando Vladimir Putin iniziò l’invasione su larga scala dell’Ucraina (la si definisce così perché un’invasione c’era già stata, nel 2014, ma fino a quella del 2022 non l’abbiamo chiamata così, colpevolmente), facevamo molti paragoni con quel che i russi, assieme ad Assad e all’Iran, avevano fatto in Siria: l’assedio di Mariupol era come quello di Aleppo, le case (spesso le scuole) trasformate in galere e camere di tortura erano paragonate alle carceri assadiste, e poi c’erano gli scomparsi. Ci sono ancora: in meno di tre anni di guerra, in Ucraina risultano scomparse 55 mila persone.

Anche i numeri ucraini sono delle stime, riguardano i soldati e i civili. L’Economist ha raccontato a metà ottobre quel che avviene quotidianamente in un anonimo ufficio di Kyiv: “Quattro uomini di mezza età setacciano video macabri e immagini su internet, spesso sui canali telegram russi specializzati nel mostrare soldati ucraini catturati. In alcune foto scattate nei giorni scorsi, c’è il volto di un uomo pieno di sangue, un altro ha le mani legate e una sigaretta in bocca, un terzo, apparentemente ferito, viene spinto dentro a una carriola. Questi poliziotti ucraini sono cacciatori informatici alla ricerca dei soldati scomparsi, che sono decine di migliaia. Oleh ingrandisce un volto in un video, fa uno screenshot, lo mette in un software per il riconoscimento facciale che scansiona la rete per trovare un abbinamento. In pochi secondi ha sette possibilità: Oleh scarta rapidamente la maggior parte di loro e trova le foto di un giovane felice con sua moglie, i suoi amici e il suo bambino. Con un altro click abbina il suo nome a una lista di soldati scomparsi. ‘Ah, è Vytali’, dice prima di inviare la sua scoperta ai servizi di sicurezza, che a loro volta informano la famiglia”. In un anno, dice Oleh, la sua squadra ha trovato circa 600 ucraini scomparsi in questo modo.

A novembre, il commissario per le Persone scomparse, Artur Dobroserdov, ha detto che nel registro – che è stato unificato di recente – risultano 55 mila nomi. A settembre, erano 48.138: dal febbraio del 2022 sono state identificate 7.548 persone presenti sulla lista, comprendono 3.632 prigionieri ucraini e civili vivi che sono stati scambiati con i russi e 3.916 corpi identificati, alcuni dei quali sono stati restituiti. Ci sono anche 2.550 corpi non ancora identificati. Grazie alle prove fornite dai prigionieri scambiati e dalla Croce Rossa, gli ucraini sanno che circa altri seimila ucraini sono tenuti in prigionia dai russi. Quindi più di 40 mila persone sono scomparse, alcune sono considerate morte ma non c’è il corpo, ma circa il 20 per cento dei prigionieri che sono stati scambiati non era presente sulla lista.

Il conteggio degli scomparsi è, per quel che riguarda l’Ucraina, complicato dal fatto che Mosca non collabora con la Croce Rossa, dal fatto che i canali telegram russi spesso sono utilizzati per chiedere soldi alle famiglie e dal fatto che il 20 per cento del paese è sotto occupazione e quindi al buio. In Siria, lo svelamento della crudeltà del regime sta avvenendo tutto ora, in Ucraina è quotidiano. Il metodo putiniano-assadista è lo stesso, per gli ucraini e i siriani un corpo e una lapide sono il dolore meno straziante.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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