Patrioti con i soldi degli altri. Viva l’Italia, purché non si paghino le multe

Un terzo degli italiani non paga le multe stradali, il 7,6 per cento non paga l’Imu e il 15,9 per cento non paga la tassa sui rifiuti. Il paradosso di un paese sempre più patriottico, ma sino a un palmo dal portafoglio

Strano paese il nostro, l’Italia. Che sia tendente al paradosso, è cosa nota da tempo, l’aveva sottolineato già il poeta e politico Giacinto Albini a metà Ottocento, stupito, ma forse nemmeno troppo, nell’osservare “un paese ansioso di cambiare in pubblico ma pigro al cambiamento privato, speranzoso di elevarsi eppur sonnecchioso di spirito gagliardo. Vige nel paese un ardimento paroliero purché non aggravi la quiete vita di ognidì”. Un secolo e mezzo abbondante dopo non è poi cambiato molto. In un paese governato dal centrodestra nel quale il principale partito, Fratelli d’Italia – che ha ancora il consenso di quasi il 30 per cento degli elettori a oltre due anni dalle ultime elezioni politiche (nel quale ottenne il 26 per cento) – si definisce patriota e dove aumentano le persone che si definiscono tali, arrivate al 52,5 per cento (secondo un sondaggio Noto Sondaggi), il patriottismo finisce a un palmo dal portafoglio. Lì sfuma, si perde chissà dove.

Accade che, secondo quanto riporta un’indagine realizzata dall’Ifel (l’Istituto per la finanza e l’economia locale) in collaborazione con Anacap, Aspel e Gruppo 24 ore, in Italia quasi un terzo delle multe stradali (per l’esattezza il 28,4 per cento) non viene pagato. Al Nord evapora il 25 per cento delle sanzioni, nel centro sud il 48,2 per cento. Fortuna che il nuovo codice della strada aumenterà le multe, ma le rende più difficili da irrogare.

E non sono solo le multe a non essere pagate: l’Imu non è versato dal 7,6 per cento degli italiani, la tassa sui rifiuti dal 15,9 per cento, il canone unico patrimoniale (che ha unito il canone per la pubblicità e quello per l’occupazione del suolo pubblico) dal 17 per cento. Tutti soldi che dovrebbero entrare nelle casse dei comuni, gli enti che per quasi il 50 per cento dei patrioti, pardon italiani, sono considerati inefficienti o non capaci di amministrare il territorio. Solo le mancate riscossioni dell’Imu valgono circa 5 miliardi di euro.

A questi dati deve poi essere aggiunto, come segnala la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva del ministero dell’Economia, che “sulla base dei Conti nazionali pubblicati a marzo del 2024, il valore aggiunto generato dal sommerso economico, dopo la marcata flessione registrata nel 2020 – un anno caratterizzato dalle restrizioni alle attività economiche e, di conseguenza, da una marcata contrazione dei livelli di attività – si attesta a 173,8 miliardi di euro con un incremento pari al 10,5 per cento rispetto all’anno precedente”. Va sottolineato però che l’evasione fiscale è in leggero calo dal 2014. ma che “il valore aggiunto generato dal sommerso economico rappresentava il 9,5 per cento del pil” nel 2021, ultimo anno per il quale le informazioni rilevanti sono disponibili.

La colpa di tutto questo può essere dei non patrioti, certo. I non patrioti d’altra parte farebbero di tutto per boicottare un paese, anzi una patria, che non sentono loro, fregandosene del fatto che le tasse servono per fare andare avanti lo stato e quindi i servizi pubblici, ossia di tutti. Però qualche dubbio può venire che non siano tutti non patrioti, ma che qualche patriota a parole possa avere “un ardimento” patriottico “paroliero purché non aggravi la quiete vita di ognidì”. E soprattutto il portafoglio.

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