L’urgenza di un’Atreju dedicata agli investitori per rompere un tabù del governo Meloni. Una notizia

Il governo può e deve attivarsi per dimostrare che l’Italia è un paese in cui vale la pena investire. Ma per farlo servirà mettere in cantiere norme utili a favorire l’arrivo di capitali stranieri, senza considerarli degli invasori e mostrare i muscoli del sovranismo. Meno agenda fuffa e più agenda realtà

C’è una notizia gustosa che riguarda l’agenda del governo e che riguarda in particolare un appuntamento non ancora in agenda che potrebbe diventare uno spartiacque tra la Giorgia di ieri e la Meloni di oggi e che potrebbe diventare anche un’occasione importante per misurare la capacità dell’esecutivo di ragionare sul futuro liberandosi dalle catene che lo tengono spesso intrappolato nel passato. La notizia riguarda quella che è la grande occasione del governo Meloni: capitalizzare a proprio vantaggio l’instabilità di molti paesi europei e tentare di fare un passo ulteriore per trasformare la prudenza mostrata in questi anni dal governo in un motore utile ad attrarre in Italia capitali e capitalisti coraggiosi. Facile a dirsi a parole. Ma nei fatti, esattamente, che cosa significa?

Per provare ad attrarre capitali e capitalisti il governo avrebbe molte strade da percorrere. La prima è quella già battuta: mostrare una prudenza nella politica di bilancio tale da far raffreddare il termometro dello spread. L’obiettivo del governo, e questa frase è virgolettabile, è muoversi per far arrivare entro la fine della legislatura il differenziale con i titoli di stato tedeschi a un livello inferiore a quello toccato dal governo Draghi, scendendo cioè sotto quota 90 punti, abbassandolo di 40 punti nei prossimi tre anni, provando a far risparmiare a regime 40 miliardi di euro alle casse dello stato, e questo significa farlo arrivare dai 110 di oggi ai 70 di un futuro speriamo prossimo venturo.

Per farlo, naturalmente, serve stabilità, prudenza, niente sciocchezze scaccia capitali come quelle a cui spesso si presta uno dei vicepremier del governo, ovvero Matteo Salvini, che recentemente ha mostrato i muscoli del sovranismo contro una banca, Unicredit, il cui primo azionista è lo stesso fondo americano, BlackRock, che il governo di cui fa parte Salvini cerca da mesi di attirare in Italia per fargli investire ancora di più. Per farlo, naturalmente, servono iniziative finalizzate alla creazione di investimenti, come può essere per esempio la riforma della giustizia, e servono strategie strutturali che ancora non si vedono per alleggerire la pressione fiscale non solo alle famiglie con basso reddito ma anche agli imprenditori e agli investitori (a cui però negli ultimi mesi sono stati inviati messaggi contrastanti e contraddittori, vedi il disastro fatto dal governo sul terreno del tax credit, che ha spinto i produttori a investire fuori dall’Italia). Sul dossier dell’attrazione degli investimenti dall’estero il governo finora si è mosso in modo poco ordinato e l’unico successo ottenuto in due anni è stato aver spinto Microsoft a puntare quattro miliardi di euro sull’Italia per la creazione di data center e centri per l’intelligenza artificiale.

Ma la discontinuità con il passato potrebbe avvenire se il progetto a cui sta lavorando il presidente del Consiglio dovesse diventare realtà: organizzare un’Atreju degli investitori, dei più grandi del mondo, per dimostrare perché l’Italia è un paese in cui vale la pena investire e arrivare a quell’appuntamento dopo aver messo in cantiere una serie di norme utili a favorire gli investimenti nel nostro paese, per offrire agli investitori quello che gli investitori cercano: risposte veloci, efficienza, rispetto degli impegni e volontà della politica di considerare gli investitori stranieri non come degli invasori da combattere ma come degli alleati da conquistare. Il piano c’è, la data no, ma l’occasione è ghiotta, anche per provare a organizzare un evento non meno importante rispetto a quello che da sette anni Macron organizza all’Eliseo. E in una fase in cui la crescita latita, la produzione industriale arretra, le preoccupazioni degli imprenditori aumentano, avere come obiettivo numero uno quello di trasformare l’Italia in un paese accogliente, che attrae i Musk senza seguire l’agenda Trump, potrebbe aiutare il governo a passare finalmente dall’agenda della fuffa a quella della realtà. Dita incrociate e in bocca al lupo.

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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