Il leader del M5s sbarca a Bruxelles e scopre che la sua definizione di forza “progressista ma non di sinistra” del rinato movimento mal si adatta alla linguistica della politica europea. Poi l’ex premier lancia la sua idea di un fondo per l’automotive, proponendo di dirottare “i 500 miliardi pensati per la difesa”
Giuseppe Conte, Lost in Translation. Come nel celebre film con Bill Murray, il leader del Movimento 5 Stelle sbarca a Bruxelles e scopre che la sua definizione di forza “progressista ma non di sinistra” del rinato movimento politico mal si adatta alla linguistica della politica europea.
Infatti, a chi gli fa notare che all’Eurocamera esiste il gruppo dei Progressisti, in cui siede il Pd, e uno che si chiama proprio Sinistra, in cui siede il suo M5s, l’ex premier risponde piccato: “Quando si ragiona su formule astratte può accadere che, spostandosi da un paese all’altro, queste abbiano un significato diverso”. Poco importa, insomma, di come parlino all’estero: “Se si parla di forze progressiste in Italia, è grazie a noi,” prosegue il leader pentastellato, che rivendica la vittoria culturale del suo partito nell’aver “superato in Italia la visione ottocentesca di destra e sinistra” – messaggio che, però, probabilmente non è ancora stato comunicato ai vertici del suo gruppo politico europeo.
D’altronde, non è il primo leader italiano a fare i capricci sulle eurodefinizioni. Il gruppo progressista dei Socialisti e Democratici, infatti, aggiunse la dicitura “Democratici” al proprio nome proprio per accontentare i creativi distinguo dell’allora leader del Pd, Matteo Renzi. E chissà che Conte, oggi, non chieda di ribattezzare il gruppo di Mélenchon e Ilaria Salis chiamandolo Sinistra e Moderati. Nomi e definizioni, del resto, sono questioni di lana caprina; ciò che conta sono le posizioni. E qui Conte, durante la sua visita al Parlamento europeo, rivendica con forza l’appartenenza al mondo della sinistra europea: “La Sinistra Ue è un gruppo composito che ci dà la possibilità di perseguire il nostro no alla cancellazione del Green Deal e alla transizione ecologica, che è stata trasformata in transizione militare,” attacca Conte.
E proprio su guerra e pacifismo emergono i distinguo più marcati. Parlando a Bruxelles della visione geopolitica del suo movimento, il leader pentastellato rispolvera un cavallo di battaglia della Guerra Fredda: il mondo multipolare. “Continueremo a lavorare affinché l’Europa non si pieghi a una visione bipolare della politica estera. Bisogna recuperare uno schema multipolare, evitando invece un modello bipolare che vede la Nato contro il resto del mondo.”
Un distinguo significativo, soprattutto perché arriva lo stesso giorno in cui la leader dei Socialisti e Democratici, la spagnola Iratxe García Pérez, annuncia a sorpresa una visita a Kyiv, facendosi immortalare accanto al presidente Zelensky, a cui promette che i socialisti europei “faranno tutto il necessario per aiutare l’Ucraina a vincere questa guerra e per costruire un futuro insieme in Europa.” Una posizione che stona con quella di Conte, giunto a Bruxelles per lanciare la sua idea di un fondo per l’automotive, proponendo di dirottare “i 500 miliardi pensati per la difesa suddividendoli in 200 miliardi per l’automotive e 300 miliardi per rendere più competitive altre filiere industriali europee”. Ma guai a definirli anti-difesa Ue: “Noi siamo favorevoli alla difesa comune europea,” rimarca Conte, “ma quando parliamo di difesa comune europea intendiamo razionalizzazione della spesa”.
Ma ciò che più sorprende del Conte europeo, però, è che, mentre si destreggia tra traduzioni ed etichette politiche nella sala stampa dell’Eurocamera, non voli alcun attacco alla dirigenza Pd. Anzi, l’ex premier schiva persino una domanda “amica” sull’eccessiva indulgenza di Elly Schlein nei confronti della dirigenza Stellantis, rispondendo: “Confidiamo sempre che ci possa essere un dialogo con il Pd sull’automotive.” E il dialogo con il Pd, a Bruxelles, c’è. Un dialogo che passa attraverso i pontieri Pasquale Tridico e Nicola Zingaretti, estendendosi ben oltre il tema dell’automotive. All’evento organizzato dal M5s per portare Conte a Bruxelles, infatti, siedono in prima fila i proprio i dem Nicola Zingaretti e Antonio Decaro, entrambi interessati, per motivi e partite diverse, a mantenere aperte le porte al dialogo con il leader pentastellato e con l’elettorato post-grillino.