Angela Merkel e la pazienza

Il piano di Putin fin dall’inizio, quel “possiamo farcela” diventato un’accusa, il ritorno di Trump e del rivale di sempre, la necessità di tenere vivo il multilateralismo e la fortuna. Intervista all’ex cancelliera dall’eredità difficile

Questo è un estratto adattato per il Foglio della puntata del podcast “The Rest is Politics – Leading” con Angela Merkel.


Benvenuti a “The Rest is Politics – Leading”, con Rory Stewart e con me, che sono Alastair Campbell. Stiamo per intervistare Angela Merkel, che è probabilmente la persona più importante della politica europea degli ultimi 30 anni: è al centro di molte cose, al centro della transizione dall’ottimismo degli anni Novanta alla nostra epoca attuale di populismo al potere, ha gestito la crisi finanziaria, l’invasione russa della Crimea, oltre un milione di persone accolte in Germania dopo la crisi dei rifugiati siriani e naturalmente la Brexit. Penso che la sua eredità sarà discussa a lungo nei libri di storia perché ha avuto una leadership più forte di forse chiunque altro nel mondo. Da quando non è più cancelliera, dal 2021, in parte a causa di ciò che ha fatto Vladimir Putin e della sensazione di molti che Merkel sia stata un po’ troppo morbida con Putin a volte, in parte a causa dell’accoglienza dei migranti, la sua eredità è molto cambiata. Ne parleremo in questa conversazione. Intanto benvenuta ad Angela Merkel, che concede rare interviste ma in queste settimane un po’ di più perché ha appena pubblicato il suo memoir, “Libertà” (edito in Italia da Rizzoli).

Friedrich Merz, il successore

Angela Merkel (AM): Ci si trova spesso davanti a degli incroci in cui si deve mostrare quel che voi chiamate leadership. Ma non bisogna farlo tutto il tempo e in tutti momenti, solo quando serve. A volte sono stata accusata di non voler mai prendere una decisione, eppure l’ho fatto, le ho prese, solo che spesso poi a molti non piaceva che lo facessi.



Rory Stewart (RS): Leggendo “Libertà” ho pensato spesso alla fortuna e alla pazienza. Mi colpisce che uno dei tuoi principali rivali, quando eri tu a voler fare il leader, fosse Friedrich Mertz, che perse la sua occasione, tu hai dominato la politica tedesca e vent’anni dopo, sembra che Mertz diventerà il prossimo cancelliere della Germania. Questo mostra quanto devi essere fortunato e quanto devi essere paziente.



AM: Credo che nella vita di ognuno ci sia un particolare colpo di fortuna in un particolare momento. Se fossi nata non so, 20 anni prima, non avrei vissuto quel che ho vissuto, quindi sì, sono stata fortunata a essere nata e cresciuta in un periodo storico che mi ha reso possibile quel che poi ho fatto. Ho dovuto confrontarmi con Friedrich Mertz, certo, eravamo entrambi dotati, ma anche molto diversi: soltanto un poteva essere il capo. Quindi c’è stata una competizione, una rivalità, e alla fine ho vinto io. La cosa interessante è che ora è lui il candidato per la cancelleria, così, anni dopo, pur essendo noi della stessa generazione, Merz ha questa opportunità. Ovviamente al tempo lui non fu contento del fatto che fossi stata io a prevalere, ma queste competizioni sono tra gli uomini un avvenimento quotidiano. Quanto alla pazienza: la questione del momento giusto, il kairos, è molto importante e decide se si può avere successo oppure no. Nel libro racconto che quando ho lasciato la cancelleria, ho comprato una statua di Kairos, il dio greco del momento opportuno. Funziona così, o si afferra quella particolare opportunità o la si lascia passare. Mi è capitato spesso di incontrare persone che non sapevano aspettare, che volevano sparare subito, ma se sei in una competizione questo approccio non è giusto, perché gli altri conoscono già la tua mossa. Aspettare il momento giusto: sì, credo che in questo sono stata piuttosto brava.


La crisi finanziaria

Alastair Campbell (AC): Hai detto che non provavi gioia a fare il tuo lavoro.



AM: Non so dove l’ho detto, ma la pressione era enorme. Pensate alla crisi finanziaria globale: dal mio punto di vista, è stato incredibile come siamo riusciti ad arrivare a quel punto. Vengo dalla Germania dell’est, da un’economia pianificata, ero così felice che finalmente ci fosse un’economia sociale di mercato. E a un certo punto le banche fanno tutto quel caos, non dimostrano più alcun senso di responsabilità e incendiano il mondo intero. All’improvviso, tutti i governi sono dovuti intervenire, così, da un momento all’altro, tutti chiedevano aiuto allo stato con programmi enormi. Abbiamo dovuto aiutare le banche e impedire che enormi masse di persone perdessero il lavoro. Ed ero così delusa da quella mancanza di responsabilità: fu davvero un momento difficile. Sentivo io la responsabilità e la pressione, c’erano culture molto diverse, uno scontro di civiltà quasi, c’era Gordon Brown a Londra, c’erano gli americani, che hanno sempre speso soldi come se non i fosse un domani. E io dissi: che facciamo con tutto il peso del debito sulle generazioni future? E poi finimmo velocemente nella crisi dell’euro, perché molti paesi europei vivevano al di sopra delle loro possibilità e avevano contratto debiti enormi. Sì, la pressione è stata immensa.


Brexit, l’Europa, l’allargamento

AM: Siete parte dell’Europa e tutto d’un tratto un paese come il vostro lascia l’Unione europea. Mi sono sentita delusa e abbandonata, sì.


RS: Che cosa è successo alle ambizioni di attrazione dell’Ue? Ci sono tanti paesi in fila che aspettano di entrare nel consesso europeo e alla fine mi sembra che non ci fosse molta flessibilità nelle fantasie britanniche sulla Brexit. I Balcani occidentali, la Serbia, il Kosovo, la Georgia, cosa è successo negli ultimi 10-15 anni? Perché l’Europa non ha saputo sfruttare le opportunità del l’Unione europea o del mercato unico per cercare di risolvere questi problemi?



AM: Da un lato penso che l’Unione europea abbia sfruttato i suoi vantaggi, in particolare del mercato interno, perché altrimenti saremmo tutti molto più deboli. Abbiamo anche concluso accordi commerciali ragionevoli con alcune parti del mondo, che è importante. Ma con l’adesione dei paesi dell’Europa centrale e orientale, l’Unione è diventata molto più complessa con tradizioni diverse, anche per quanto riguarda le relazioni con la Russia. Molti dei paesi dell’Europa centrale e orientale hanno avuto esperienze drammaticamente difficili quando facevano parte dell’impero comunista. Ma la gestione dell’Ue con tanti stati membri è diversa rispetto a quella di non tantissimi anni fa, perché ognuno dei 27 membri vuole prendere la parola. E’ molto più difficile trovare compromessi, il numero dei contributori netti si è ridotto, i paesi beneficiari sono diventati più numerosi perché, economicamente parlando, molti di questi nuovi paesi non erano così forti a causa del loro background socialista. Quindi le cose sono diventate più complicate, più costose e abbiamo fatto molte promesse. Ai paesi dei Balcani occidentali abbiamo promesso che sarebbero stati membri dell’Ue, ma nessuno di loro è membro dell’Ue e quindi c’è un sacco di delusione là fuori.

Vladimir Putin

AC: Possiamo parlare di Vladimir Putin? Lo incontrai per la prima volta con Tony Blair nel secolo scorso e mi chiedo spesso se è lui a essere cambiato o se siamo stati noi ad averlo frainteso, pensando che sarebbe diventato un leader russo molto più orientato verso l’occidente. Che fasi diverse di Putin hai visto?



AM: Credo che dobbiamo cominciare dalle ripercussioni che la caduta dell’Unione sovietica ha avuto sulla Russia, che ovviamente ha perso molta della sua importanza, molto del suo peso. La Russia è riuscita, una volta trovata la libertà, a sviluppare con successo la sua economia come hanno fatto molti altri paesi. Putin, come presidente, era visto dai russi come qualcuno in grado di guidarli fuori da questo caos, dal fatto che con la superiorità degli oligarchi l’economia stesse crollando mentre passava all’economia di mercato. I russi volevano qualcuno che si occupasse dei loro salari, che combattesse l’inflazione, che la loro vita non fosse consumata dal 50 al 60 per cento di inflazione e Putin, credo che questo fosse in realtà abbastanza chiaro fin dall’inizio, pensava che, come ha detto, il peggior evento del XX secolo per lui è stato il crollo dell’Unione sovietica. Io francamente ho sempre pensato che il nazismo e il nazionalsocialismo fossero i peggiori avvenimenti del XX secolo, ma Putin voleva trasformare di nuovo la Russia in una potenza importante: è questo che ha sempre voluto, per tutto il tempo. Penso che non sapesse molto di economia, di prosperità economica, così in modo rapido, per ripristinare la forza perduta, ha fatto ricorso ai metodi che aveva aveva imparato quando era un agente del Kgb. Fu in grado di addomesticare gli oligarchi, di domarli. Aveva permesso loro di operare, ma solo sotto la sua autorità.



AC: E’ sempre stato questo il piano?



AM: Sì, questo era il suo piano. Ha guardato molto attentamente come le cose si sono sviluppate negli anni Novanta, e sapeva esattamente cosa non voleva. Ma lui non capisce o forse non ha voluto capire quale enorme fortuna fosse la libertà. Pensava che qualsiasi movimento di democratizzazione, come per esempio in Ucraina la Rivoluzione arancione, fosse stato influenzato dall’occidente. Putin non poteva o non voleva accettare che, semplicemente, la gente desidera la libertà o come dice la Costituzione americana, la ricerca della felicità. Quindi c’era un reale scontro tra due visioni del mondo completamente diverse. Credo che per rafforzare la propria nazione, anche se avrebbe dovuto capire meglio la realtà, abbia iniziato a definire i suoi avversari, la Nato per esempio, che non erano suoi avversari. Voglio dire, la Nato non è più quella della guerra fredda: è stata creata a quel modo, ma non c’era più la guerra fredda, però Putin aveva bisogno di un avversario esterno per ritrovare la forza a livello nazionale e mostrare orgoglio nazionale.



AC: Penso che fosse sempre nel viaggio in auto che avete fatto assieme che Putin ti disse che il problema dell’America era il fatto che la presidenza è limitata a due mandati, mentre in Russia ci sono due mandati, una pausa, e poi si può tornare. Non avevo mai letto prima questo aneddoto. Hai pensato: quest’uomo starà qui per sempre?



AM: Credo che Putin abbia sempre pensato di essere la persona migliore per la Russia. Lo credeva fermamente. Non è un democratico: voglio dire, come si fa a capire se qualcuno è democratico? Be’ quando questa persona accetta che ci sia un voto su di lei e che possa perdere. Ma Putin no, vuole sempre essere accettato ed essere sempre al potere. Però voglio che sia chiaro che tutta questa analisi che abbiamo fatto su Putin non giustifica in nessun modo la guerra di aggressione che ha fatto in violazione alla legge internazionale.


Wir schaffen das

AM: Dopo il 2015, mi sono resa conto di quante volte ho usato questa frase – ce la possiamo fare – prima e quanto diversamente sia stata vista dopo. Ogni volta che c’è un problema straordinario, molto difficile, penso: be’, ce la faremo o no? Ho cercato di incoraggiare me stessa e gli altri dicendo: possiamo farcela. Le mie parole poi sono state reinterpretate come se avessi invitato tutti i rifugiati a venire in Germania perché ce l’avremmo fatta ad accoglierli. Ma non è questo che intendevo perché questa è francamente una sciocchezza.



AC: Pensi che questa grande decisione abbia determinato l’ascesa dell’AfD?



AM: La trasformazione dell’AfD è iniziata durante la crisi dell’euro, quando parlava dei problemi della valuta europea, rimpiangendo il nostro buon marco che sì ci avrebbe salvato e messi in una posizione di forza. Poi, una volta che siamo stati in grado di gestire quella crisi, l’AfD è diventata più forte durante la crisi dei rifugiati. Ma la domanda che si affronta come politico è invariabilmente: cosa faccio con queste persone che arrivano? Erano già qui, lungo il confine tedesco sul territorio dell’Ue. Sapevo che non è popolare accogliere tanti rifugiati. Ma abbiamo un insieme di valori, giusto? Voglio dire, facciamo questi bei discorsi domenicali, su quanto ci battiamo per la difesa dei diritti umani. E non ho detto che ogni rifugiato avrebbe potuto rimanere in Germania. Ho detto: a ognuno di voi sarà data una giusta opportunità, una giusta possibilità. C’erano migliaia di persone che scappavano dalla guerra civile siriana, e io dissi: vi ascolteremo e secondo le norme internazionali, avrete il permesso di rimanere o dovrete andare via. L’alternativa era quella di adottare misure molto rigorose per il controllo delle frontiere, come inviare cannoni ad acqua per respingere i migranti in Austria. Per me, non era una cosa accettabile. Allo stesso tempo, sapevo ovviamente che dovevo fare qualcosa per evitare che ogni giorno arrivassero decine di migliaia di persone in Germania e così assieme all’Ue abbiamo concluso l’accordo con la Turchia, che ha portato a una riduzione del flusso di rifugiati del 95 per cento. Abbiamo dato soldi in modo che potessero guadagnarsi da vivere in Turchia ed essere più vicini a casa. So che questo è un grosso problema anche qui nel Regno Unito. Dobbiamo sempre ricordare che si deve lavorare con i paesi di origine, con i paesi limitrofi lungo il Mediterraneo, in modo che la migrazione illegale sia combattuta: i migranti pagano somme enormi di denaro a trafficanti che giocano con le loro vite. Affogano nel Mediterraneo o affogano nella Manica, quindi dobbiamo determinare attraverso la migrazione legale chi arriva e chi no.


Donald Trump

AM: Per quattro anni ho lavorato assieme a Donald Trump nel suo primo mandato: non ama il multilateralismo, le relazioni sono per lui transazioni. Fa accordi tra due partner, ma le organizzazioni internazionali, che sono state create per arrivare a risultati multilaterali, non le apprezza. Questo rende tutto così difficile, in particolare con la Cina. Penso che, anche se la Cina ha un sistema politico diverso, dovrebbe essere inclusa in una politica internazionale basata sulle regole. Penso anche che le ambizioni aggressive della Cina debbano essere contenute. Penso al Mar cinese meridionale, e credo che dovremmo lavorare per il libero scambio. Ma se la Cina fa qualcosa di buono – e ha ottenuto enormi risultati negli ultimi anni – non possiamo rifiutarlo, tanto più se si tratta di un paese che vuole essere importante quanto gli Stati Uniti d’America. I grandi problemi, le grandi sfide dell’umanità, come il cambiamento climatico di cui si parla poco – saremo in grado di far fronte a queste enormi sfide e padroneggiarle con qualcuno come la Cina. Per quel che riguarda l’Europa, in base alla mia esperienza, credo che Trump sappia che la cooperazione anche con l’Ue in particolare all’interno della Nato non conviene soltanto noi, ma anche all’America.



AC:Pensi che lo capisca?



AM: Io penso di sì, lo spero. Qualsiasi alternativa non sarebbe buona per gli Stati Uniti e dopo tutto è lui, no?, che vuole che l’America sia importante, sia grande: la partnership transatlantica rende anche l’America più grande. A volte si dice che siamo soltanto noi i beneficiari, ma non è vero. Se si guarda il mappamondo, se si guarda la dimensione delle sfide, ci sono ottime ragioni per credere che l’Europa è necessaria per gli Stati Uniti, e viceversa.


Il medio oriente

AM: Gli Accordi di Abramo, negoziati da Trump, hanno migliorato la situazione e le relazioni tra il mondo arabo e Israele. Temo che l’atto terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 abbia voluto impedire qualsiasi ulteriore riavvicinamento tra gli stati arabi e Israele. Quel giorno è successa una cosa terribile, è stato distrutto tutto, e non sono sicura di quel che faranno gli Stati Uniti. Spero che sarà possibile garantire la sicurezza di Israele e sostenere il diritto all’esistenza di Israele in modo che non sia più messo in discussione da paesi come l’Iran. E gli stati arabi che non vedono più Israele come il nemico numero uno sono molto importanti in questo processo. Mi auguro anche che i palestinesi possano vivere una vita in pace, e questo sarà possibile solo con una soluzione a due stati, anche se pure questa diventa sempre più improbabile. Ma Israele è una democrazia, non c’è soltanto Benjamin Netanyahu, c’è una società vibrante che ha una visione per il futuro, e la Germania sarà sempre dalla sua parte.

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