In questo modo, l’Italia parte alla conquista della Germania sia in campo bancario che in quello dei media, trovando in Orcel il banchiere pronto a fare da testa d’ariete e allo stesso tempo da forziere d’oro. Dopo Commerzbank e Banco Bpm, ecco il terzo fronte
Mentre tutti gli occhi sono puntati sul fronte francese della partita Unicredit-Banco Bpm, che con il rafforzamento di Crédit Agricole nella banca milanese ha preso una nuova e inaspettata piega, c’è un fronte tedesco del risiko che si sta lentamente scaldando anche grazie alle elezioni anticipate della Repubblica federale tedesca. Il governo che ha alzato le barricate contro la scalata italiana a Commerzbank, quello guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz, molto probabilmente non sarà lo stesso dopo che la Germania avrà votato il 23 febbraio, quando Unicredit avrà ormai ricevuto il via libera della Bce a salire ulteriormente nel capitale dell’istituto tedesco e potrà decidere se lanciare un’opa. Nuovi equilibri politici si andranno a formare con la Cdu, il partito popolare di centrodestra guidato da Friedrich Merz, favorito nei sondaggi, destinato ad avere un ruolo centrale. Sicuramente, ci vorrà del tempo prima che il nuovo esecutivo si insedi, diventi pienamente operativo ed esprima una posizione su un dossier bancario che è seguito con attenzione dalle istituzioni europee. Ma proprio per questo, tutto può ancora succedere mentre Andrea Orcel prova in patria a mandare in porto l’offensiva su Banco Bpm che ha provocato la reazione stizzita del governo Meloni.
Forse Orcel non aveva messo abbastanza in conto tanta sensibilità della politica, sia in Germania sia in Italia, su operazioni tra soggetti bancari, ma in un’Europa dove destra e populismo sono in ascesa succede anche questo. Poi, però, gli affari sono affari e anche il mercato fa il suo corso. Così, mentre Palazzo Chigi agita lo spettro della Golden power per scoraggiare i piani di Unicredit su Bpm, preferendo che quest’ultima vada a integrarsi con Mps per costituire un terzo polo del credito, si dà il caso che un’altra grande azienda italiana, Mfe, il gruppo dei media della famiglia Berlusconi, abbia deciso di stringere la presa sul colosso dei media tedesco Prosiebensat, di cui ha già raggiunto la soglia del 30 per cento e che si prepara a scalare con un’operazione da 3,5 miliardi finanziata principalmente da Unicredit. In questo modo, l’Italia parte alla conquista della Germania sia in campo bancario che in quello dei media, trovando in Orcel il banchiere pronto a fare da testa d’ariete e allo stesso tempo da forziere d’oro. Quindi, quando il ministro Giancarlo Giorgetti, citando il generale prussiano Carl von Clausewitz, ha commentato l’iniziativa di Unicredit su Banco Bpm dicendo che il modo più sicuro per perdere una guerra è impegnarsi su due fronti, non aveva considerato che ci sarebbe stato un terzo fronte, quello di Mfe su Prosiebensat, in cui Unicredit riveste un ruolo fondamentale nella strategia della famiglia Berlusconi. E il fatto che il ministro degli Esteri e leader di FI, Antonio Tajani, abbia sottolineato la scarsa probabilità di applicare la Golden power all’operazione Unicredit-Bpm è stato quantomeno un modo per ricordare al governo che Forza Italia ha tutt’altra idea sulla faccenda, se non altro perché è un partito di ispirazione liberale. Insomma, il vicepremier Tajani ha fatto fare a Palazzo Chigi un bagno di realtà nel momento in cui l’altro vicepremier, Matteo Salvini, è arrivato a sostenere che Unicredit non è una banca italiana.
Poi, sempre perché il risiko bancario sta correndo su un binario di interessi di privati, è arrivata la mossa di Crédit Agricole che, salendo a oltre il 15 per cento in Bpm, ha aperto il fronte francese, con cui Unicredit dovrà confrontarsi, e messo il governo italiano in una situazione imbarazzante oltre che paradossale. Salvini sosterrà che Crédit Agricole è più italiana di Unicredit? Da Palazzo Chigi tutto tace, forse perché si sta comprendendo quanto sia stato ingenuo credere di poter pilotare faccende complesse come le aggregazioni bancarie soprattutto quando la base degli azionisti è molto frammentata e costituita in buona parte da fondi d’investimento internazionali, come nei casi di Unicredit, di Commerzbank e in misura minore ma significativa in quello di Bpm (l’americana Blackrock, per esempio, è presente in tutt’e tre i casi). Di certo, la politica ha sempre esercitato in questo campo una moral suasion, ma sotto traccia e con discrezione, come, per esempio, potrebbe fare il ministro Tajani per scardinare il muro di ostilità incontrato da Unicredit in Germania, contando sui buoni rapporti costruiti nel Ppe con il leader della Cdu Merz, se questi dovesse diventare il nuovo cancelliere federale. Forse le operazioni bancarie cross border passano anche dai buoni rapporti politici.