Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Grillo è tornato a fare l’unica cosa che sa fare bene: dire vaffanculo. Serve altro?
Tania Arroni
Strane simmetrie. Ha governato a lungo senza rivali utilizzando in modo spregiudicato il potere, cavalcando l’estremismo, spostando il baricentro della sua azione lontano dall’occidente e più vicino a Russia e Iran (e Cina). Ora il suo regime, se così si può chiamare, è caduto. Arrivederci Grillo.
Al direttore – La ringrazio dell’ospitalità che mi concede per tornare sulle considerazioni dell’assessore del comune di Roma, Alessandro Onorato, fatte in questo spazio a proposito di sicurezza. Onorato ha ragione quando dice che non bisogna aver paura di parlare di sicurezza, un fenomeno sentito più dalle persone fragili che da quelle facoltose: è vero che la sinistra deve essere maggiormente percepita per la legalità e battersi per la garanzia di una vita serena e sicura per tutti. Ma dovremmo comprendere, e qui sta la mia differenza di approccio, la necessità di far emergere le diversità fra destra e sinistra su questo tema. Ciò che non condivido nell’analisi di Onorato, infatti, è l’affermazione di una nostra supposta sudditanza culturale nei confronti della destra nel parlare di sicurezza: al contrario, infatti, penso che dovremmo ribaltare il ragionamento spiegando meglio perché la sinistra è più credibile della coalizione Meloni quando si parla della sicurezza dei cittadini. La destra agita il problema per alimentare le paure e la rabbia con il solo obiettivo di intercettare quel disagio nei momenti elettorali. Non esiste un solo provvedimento, né oggi né tantomeno nel passato, adottato dalla destra che abbia scalfito o ridimensionato un fenomeno criminale. La loro decantata ricetta securitaria non produce nulla. Al contrario la sinistra deve impegnarsi a migliorare la qualità della vita, risolvendo le situazioni che generano pericolo o insicurezza. Noi dovremmo realizzare tutti quegli interventi capaci di contrastare l’insicurezza urbana, il degrado e l’abbandono. Illuminare le nostre strade perché luce vuol dire più sicurezza, soprattutto in periferia. Recuperare dal degrado interi quadranti delle nostre città perché dove c’è incuria rischiamo di avere insicurezza e violenza. Aumentare l’offerta di trasporto pubblico, accrescere gli spazi di incontro, investire sullo sport di base e sull’impiantistica per favorire coesione e inclusione sociale. Sostenere grandi eventi anche lontano dal centro storico delle città, ma soprattutto occuparci di più anche del tema della casa e farci carico dell’emergenza abitativa che crea conflitto e marginalità. Migliorare l’offerta dei servizi sociali e superare la precarietà del lavoro, riconoscendo un salario giusto. Vivere ogni istante la cultura del rispetto verso le donne, batterci ogni giorno per l’integrazione, offrendo un positivo modello di convivenza civile. La sicurezza è una delle questioni che debbono far emergere le differenze tra sinistra e destra, tra democratici e populisti, tra chi vuole provare a risolvere i problemi e chi invece ha bisogno di quei problemi per esistere politicamente.
Massimiliano Valeriani, membro direzione nazionale Pd e consigliere regionale
La sinistra ha trasformato in un tema di destra un tema che di destra non è. E per questa ragione, ci faccia caso, ogni volta che a sinistra qualcuno cerca di ragionare intorno al tema della sicurezza provando a non sembrare di destra finisce per cadere in una trappola mortale: dire molto senza dire nulla. E’ la cifra del Pd di oggi. Un caro saluto.
Al direttore – Prima Gentiloni, poi Beppe Sala, ora il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Ruffini; a Roma e nei suoi salotti la lista dei federatori di un campo largo capace di abbracciare il centro liberal democratico si fa sempre più lunga. Gli unici a non avere voce in capitolo, purtroppo, sembrano essere coloro che l’hanno votato. Da quando mi sono candidata (ancora contro nessuno) alla guida di Azione, ho iniziato un tour per incontrare elettori e attivisti del fu Terzo polo che mi ha confermato quali siano le aspettative e i desideri di un elettorato con un’identità chiara ma in attesa di un riferimento politico che non li deluda per l’ennesima volta. C’è tutta un’Italia stufa delle sterili discussioni e delle battaglie di destra e sinistra. Un’Italia che però non aspetta un messia che arriva dall’alto, magari guidato dalle indicazioni da partiti ideologicamente neppure troppo affini, com’è ora il Partito democratico. Si tratta di persone che hanno un’idea chiara di paese, appassionati che attraverso la discussione, sviluppano leadership e creano valore sul territorio. Un valore che i partiti liberal democratici come quello di cui faccio parte in questi ultimi anni non hanno saputo cogliere. Ed è con loro che il mondo romano dovrebbe confrontarsi, perché è proprio a loro che fra tre anni dovremo andare a chiedere i voti.
Giulia Pastorella, Azione