“80’s Dark Rome” è una mostra che racconta la sparizione della scena punk dalla Capitale. Al centro ci sono i ritratti, circa duecento, che il fotografo Dino Ignani ha dedicato a quel popolo che fu protagonista e inventore della notte romana
La mostra “80’s Dark Rome” è accolta al primo piano del Museo di Trastevere preceduta, arrivando dalle scale in un contrasto fortissimo – ma in fondo non fuori luogo – dagli acquerelli della Roma sparita di Ettore Roesler Franz. Anche “80’s Dark Rome” infatti racconta di una sparizione, anzi di una doppia scomparsa, quella della scena punk, i cosiddetti darkettoni, e la Roma a cui contribuirono a dare vita negli anni Ottanta che forse è stata l’ultima Roma possibile: là dove mischiarsi era d’obbligo e fatto naturale. Cuore della mostra i ritratti, circa duecento, ma sarebbero molti molti di più, che Dino Ignani ha dedicato a quel popolo che fu protagonista e inventore della notte romana. Punto di partenza la vineria Fedelio (oggi si direbbe enoteca…), primo approdo di una notte per locali che avrebbe sdoganato per sempre la parola look.
E’ infatti frutto di quell’incrocio felice e confuso che prende per la prima volta corpo in Italia, tra cultura londinese e trattoria di rione, un’idea di moda diffusa, di stile e apparenza seppur – come mostrano in maniera emotivamente coinvolgente i ritratti di Ignani – sempre legata alla singolarità degli individui. Figure anonime eppure tutte protagoniste di un movimento che in quella voglia di divertimento assoluta e disperata conteneva ancora un grado di comunità e inclusione assolutamente fondante. Un legame che si ritrova nel chiasso felice di quelle due sale dove alcuni di quei protagonisti si ritrovano a distanza di più di quarant’anni come in una imprevista rimpatriata. Ad aprire gli scatti la mappa dei locali dell’epoca, un circuito obbligato ora rivisto con gli occhi della nostalgia, una ribellione che fu un tentativo riuscito di felicità estetica. Una bellezza che dal bianco e nero – come solo negli anni Ottanta – tracima nel colore aprendosi e fiorendo ancora di più nei colori fino ad allora inediti del vermiglio e della malva, dell’oro e del verde acido. Spiccano le acconciature che alternano la loro tenuta a prova di lacca ai collari e ai metalli che spuntano tra giacche e guanti, ma non ancora dalla pelle così come è evidente l’assenza di quasi ogni tipo di tatuaggio, offrendo così corpi densi di un biancore tanto svenevole quanto radicale in quel possibile e sempre rischioso abbandono che segnerà drammaticamente la seconda metà degli anni Ottanta.
Parte della mostra è dedicata anche ai ritratti di poeti e scrittori tra cui spiccano Patrizia Cavalli, Amelia Rosselli e Dario Bellezza. Una serie che diverrà poi centro della ricerca di Dino Ignani fino all’esposizione del 1987 “Intimi ritratti”. Tutto si lega e si scioglie nella mostra, anche il corpo stesso dei visitatori che proprio da Ignani vengono accolti e fotografati, in alcuni casi anche rifotografati davanti ai loro stessi ritratti di quarant’anni prima. Una festa mobile romana in cui Cyndi Lauper si mischia con la Sora Lella, La Capria con i beat e gli acidi con le amatriciane. Fuori Trastevere è tutto un sabato sera di tonnarelli. Cosa ci siamo persi, ma qualcosa sotto i denti si dovrà pur mettere.