Finalmente la Grande Brera, il Novecento nel cuore antico di Milano

Un museo unico e monumentale, dedicato a eccelse collezioni del passato e in prospettiva al contemporaneo. Il sogno finalmente compiuto del geniale direttore Franco Russoli, dopo ben 52 anni di attesa e difficoltà

“Nessuno ci credeva ma alla fine c’è anche lo Zeitgeist”, dice Angelo Crespi scomodando Hegel, ormai il linguaggio forbito è un must di ministri e direttori della Cultura: “Un momento felice in cui tutte le energie concordano”. Il direttore generale del complesso museale di Brera, cui da oggi finalmente si aggiunge Palazzo Citterio – il “piccolo Louvre”, come lo chiamava Napoleone, diventa la “Grande Brera”, un museo unico per completezza e non solo in Italia – ha tutte le ragioni per ribadire: “E’ un momento sicuramente storico”. Un filo di emozione, e di legittima soddisfazione, per aver raggiunto l’obiettivo che gli era stato assegnato a inizio mandato, con sprezzo del pericolo e della tempistica: inaugurare entro il 2025 – anzi entro il fatidico 7 dicembre – un museo dedicato alle collezioni del Novecento e in prospettiva al contemporaneo che attendeva da ben 52 anni. Da quando, 1972, il geniale direttore di Brera Franco Russoli ottenne l’acquisto del malandato palazzo per trovare spazio alle eccelse collezioni private affidate al museo: Vitali, Mattioli, Jesi e la collezione Jucker, che dopo anni di affido a Brera è stata poi acquistata dal Comune: da Bocconi a Morandi, da Modigliani a Carrà, da Picasso a Braque a Martini a Klee, insomma, oltre alle già ricche raccolte della Pinacoteca.

Morì troppo presto, Russoli, per concretizzare il suo sogno. Sia lo Spirito del tempo o sia il lavoro tenace di tanti negli ultimi anni e mesi, dopo incredibili e spesso incresciose difficoltà durate decenni, il grande giorno è venuto. A Brera si aggiunge il palazzo settecentesco, ma ormai più che ibridato da restauri e contro restauri: la grande sala ipogea che ospiterà mostre temporanee e “site specific”, si inizia con lo scultore Mario Ceroli, era stata realizzata a metà degli anni Ottanta da James Stirling, ma la sua morte prematura, ancora una volta, pose fine a un ambizioso progetto. Brera è un complesso monumentale stratificato nei secoli e diventerà un luogo godibilissimo nel cuore della Milano più antica, soprattutto quando da maggio 2025 sarà completato il percorso che dal palazzo della Pinacoteca, attraverso lo splendido Giardino botanico immetterà direttamente nel giardino di palazzo Citterio – in arrivo caffetteria e spazio di incontri – e alle sale del museo.



Nella sua versione finale la Grande Brera è in parte diversa dal sogno di Russoli, e dal “Brera Modern” per cui si era speso decenni dopo l’ex direttore James Bradburne. Ma in questo caso lo Zeigeist conta davvero molto, ed è cambiato. Nella visione di Crespi e dei collaboratori che hanno condotto in porto l’impresa – nel 2024 sono state avviate opere di consolidamento strutturale e degli impianti museali, mentre all’architetto Mario Cucinella ha curato l’allestimento del piano nobile – Palazzo Citterio è una parte organica di Brera, deve prevalere la continuità: giusta la scelta di proseguire la numerazione della sale dalla 40 della Pinacoteca alla 41 del salone centrale di Citterio. Una visione organica che deve portare la “Grande Brera” a realizzare anche attrattività e numeri da grande museo. Forse sarebbe andata diversamente decenni fa, e ancora diversamente dopo l’ultimo poderoso rilancio dei finanziamenti per i lavori, nel 2012, se personalismi di architetti e assurde opposizioni delle sovrintendenze non avessero rallentato e impedito soluzioni più ardite. Bradburne si trovò a lottare praticamente a mani nude contro errori tecnici e scelte burocratiche più passatiste che nemmeno conservative.



Oggi entrare nel piano nobile dà l’impressione calda di un percorso “domestico”, dice Crespi. E a ragione, non solo perché il grande collezionista Emilio Jesi qui ha abitato, con i suoi quadri, ma perché si è “voluto mantenere l’ambiente di una palazzo nobile e borghese del Novecento: le opere qui esposte erano ‘contemporanee’ per i loro collezionisti, oggi vanno storicizzate nel loro contesto”. La star del salone centrale è la grande tela della Fiumana di Pellizza da Volpedo, prima versione del più celebre Quarto Stato conservato ala Gam di via Palestro. Intorno, le bellissime grandi tele di Previati, il simbolismo lombardo tra Ottocento e Novecento nel suo splendore. Poi la bellissima infilata di stanze, su un lato la collezione Jesi; sull’altro lato del piano nobile, affacciata sul parco, la collezione Vitali, diversificata per tipologie ed epoche. Colpo d’occhio eccellente. Spiega l’architetto Cucinella che “il tempo è passato, oggi si sono chiusi 50 anni su cui non vale la pena parlare, è iniziato qualcosa di nuovo”.

E giustamente, non fosse che il segno lasciato del tempo è evidente. Nel 2022, Citterio doveva già essere pronto, la collezione Mattioli fu legittimamente affidata dai proprietari al Museo del Novecento, perché era venuto meno l’impegno a esporla. Anche la collezione Jucker, era tornata al museo di piazza Duomo, del Comune, che ne è proprietario. Le collezioni Jesi e Vitali si sono salvate trovando spazio provvisorio nelle sale napoleoniche della Pinacoteca in speciali depositi a vista realizzati nel 2019 grazie al finanziamento della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti (ah, i privati). Dunque l’impatto di quello che avrebbe potuto essere un museo del Novecento di caratura mondiale si è ridotto. Ma non per questo il valore è sminuito, in bellezza e funzione progettuale.

Sono cambiati anche gli scopi. Al piano superiore, magnifico spazio che verrà anch’esso dedicato a eventi e mostre, è ora allestita a cura della Biblioteca Nazionale Braidense la bella mostra “La Grande Brera in Braidense”, ancora un modo per segnalare il valore di continuità di un complesso che è davvero il cuore storico e culturale di Milano. Non tutto è compiuto, c’è qualche imperfezione da limare. Soprattutto l’apertura sarà per i primi mesi centellinata e limitata per via delle scarse risorse di personale: il concorso per le nuove assunzioni annunciato da anni è previsto a maggio. Oggi alla inaugurazione ufficiale ci sarà il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Che ben sa, dovrebbe sapere, che la più urgente e vera riforma dei musei italiani sarebbe quella di dotarli dell’autonomia necessaria per assumere il personale e per poter funzionare. La Grande Brera aspetta ancora la grande riforma.

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  • Maurizio Crippa
  • “Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini”

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