Politiche comuni, l’inefficacia dell’Ue, la minaccia Trump e la guerra in Ucraina sono alcune questioni presentate agli intervistati in uno studio condotto da Cluster17 per il Grand Continent: “What do Europeans think? Difficult questions in the coming years”. In tutti i paesi intervistati la stragrande maggioranza esprime il desiderio di rimanere nell’Unione
Cosa pensano gli europei? Oltre all’ascesa dei gruppi euroscettici, la costruzione europea divide anche gli elettori più radicali. E’ ciò che emerge da un sondaggio condotto da Cluster17, specializzato in studi di opinione, analisi dei dati, per il Grand Continent, dal titolo: “What do Europeans think? Difficult questions in the coming years”. Lo studio, che il Foglio ha potuto visionare in anteprima, è stato scritto da Jean-Yves Dormagen e Emmanuel Rivière e rivela un’Europa frammentata sulle attuali questioni politiche. La questione non è più, secondo il sondaggio, essere europei o non essere europei, rimanere nell’Unione o uscirne, “il nostro studio mostra che la questione dell’adesione non è, e forse non è più, oggetto di dibattito, ma che il futuro sarà deciso tra coloro che sono favorevoli allo status quo e coloro che sostengono un approfondimento dell’Unione”, scrivono gli autori.
In tutti e 5 i paesi esaminati (Germania, Spagna, Belgio, Francia, Italia) c’è una larga maggioranza a favore della permanenza nell’Unione, mentre il desiderio di uscire dall’Unione raggiunge il massimo del 26 per cento solo in Francia, il paese con il più alto livello di atteggiamenti critici e scettici nei confronti dell’Unione nell’intero studio. Chiedere agli europei se credono che appartenere all’Unione renda il loro paese più forte, invece, è una questione più controversa. Gli spagnoli sono in gran parte convinti che renda il loro paese più forte (71 per cento). Mentre in Germania e Italia, 6 intervistati su 10 la pensano così, in Belgio la metà, con il 25 per cento degli intervistati che sostiene che l’Unione indebolisca il loro paese. La Francia è l’unico paese in cui la sensazione che il paese si stia indebolendo (43 per cento) corrisponde alla sensazione che si stia rafforzando che si stia rafforzando.
L’analisi delle risposte in base all’affiliazione politica, dice il rapporto, “rivela una distribuzione piuttosto irregolare dei sentimenti anti-europei“. Solo in Italia i sostenitori di un singolo partito, la Lega, desiderano lasciare l’Ue in modo schiacciante (66 pr cento). Questo non è il caso dei sostenitori di Fratelli d’Italia, che hanno solo la metà delle probabilità (33 per cento) di favorire questo scenario. In Germania, i sostenitori di AfD sono divisi su questa domanda, così come gli elettori di Vox e Se Acabó La Fiesta in Spagna, così come gli elettori di Rn e Reconquête in Francia. In Belgio anche i sostenitori dei partiti più di sinistra sono dubbiosi sull’idea che l’appartenenza all’Unione rafforzi il loro paese, come avviene in Francia. In Spagna, invece gli elettori di Podemos e Sumar credono quasi all’unanimità che il loro paese sia rafforzato dall’Unione. In Germania, il sentimento a sinistra è molto più misto, ma gli elettori di Die Linke e BSW sono in larga maggioranza dell’opinione che il loro paese sia rafforzato dall’Unione.
Le politiche comuni
Riguardo alle politiche comuni, secondo il rapporto, in 7 delle 12 paesi presi in considerazione, la maggioranza, spesso ampia, in tutti i paesi ha ritenuto che fossero preferibili politiche comuni con altri paesi dell’Ue. “La cooperazione all’interno del quadro europeo è quindi vista come la scala migliore per agire nella lotta al terrorismo, ricerca e innovazione, gestione delle catastrofi e transizione ambientale”, spiega il rapporto. Al contrario, la tassazione e la salute pubblica sono questioni che le persone vogliono tenere nelle mani dei governi nazionali.
L'”inefficacia” dell’Ue
Una delle questioni al centro del dibattito è la cosiddetta “efficacia” dell’Ue: soltanto un numero compreso tra il 15 per cento e il 28 per cento degli intervistati la considera “efficace”. Una possibile spiegazione di questa inefficacia agli occhi del pubblico è che l’Unione è considerata “burocratica” da una parte significativa degli intervistati, dal 38 per cento al 57 per cento a seconda del paese. Per quanto riguarda i valori, l’Ue riceve una valutazione molto più alta, sia per il suo carattere democratico (tra il 40 per cento e il 60 per cento) che per la sua capacità di solidarietà (tra il 32 per cento e il 58 percento). L’inconveniente, tuttavia, è che tra il 36 per cento e il 46 per cento, a seconda del paese, ritiene che le istituzioni europee siano “corrotte”. “Ciò contribuisce a un’insoddisfazione prevalente che non è in contrasto con l’attaccamento al progetto europeo, ma porta naturalmente al desiderio di un’Europa diversa“, scrive Le Grand Continent.
Il dibattito tra europeisti e antieuropeisti
Circa due terzi degli intervistati in ogni paese affermano di sostenere l’Unione, ma vorrebbero vedere “importanti cambiamenti” nel suo funzionamento, afferma il rapporto: “il dibattito sull’Europa evita quindi in gran parte la caricaturale opposizione tra europeisti convinti e antieuropeisti convinti. Nel nostro sondaggio, la quota combinata di coloro che sottoscrivono l’uno o l’altro atteggiamento rappresenta meno di un quarto degli intervistati. Gli europeisti impegnati sono leggermente più numerosi in Germania (il 18 per cento è soddisfatto dell’Unione e del suo funzionamento) e Spagna (14 per cento), mentre gli euroscettici sono principalmente in Francia, Belgio e Italia (dove tra il 13 per cento e il 18 per cento vorrebbe “lasciare l’Unione il prima possibile”)”.
La minaccia Trump
Il 41 per cento degli intervistati in Italia ritiene che la rielezione di Donald Trump renda il mondo “meno sicuro”: In Belgio il 58 per cento. L’opinione opposta, cioò che Trump renda il mondo più sicuro, è un’opinione minoritaria ovunque, tranne che tra alcuni elettori di estrema destra (Reconquête in Francia, Lega in Italia, Vox in Spagna e AfD in Germania), mentre i sostenitori di Fratelli d’Italia e Rassemblement National sono indecisi. Gli intervistati trovano leggermente più difficile dire se Donald Trump sia un amico o un nemico dell’Europa. In ogni paese, circa 4 persone su 10 non sono in grado di dirlo. Tra gli altri, l’opinione prevalente è che sia ostile. Tra il 40 per cento e il 49 per cento degli intervistati lo considera un “nemico dell’Europa”, rispetto al 7 per cento-12 per cento che lo vede come un amico.
La guerra in Ucraina
Sul tema della guerra in Ucraina gli europei, secondo il rapporto, risultano molto indecisi. Sulla necessità di aumentare gli aiuti militari all’Ucraina, il 58 per cento dei tedeschi vorrebbe impegnarsi di più, mentre in Italia solo il 31 per cento. Negli altri tre paesi, l’opinione pubblica è divisa con percentuali vicine al 50 per cento. La maggioranza in 4 paesi intervistati è a favore del rafforzamento — o almeno del mantenimento — delle sanzioni contro la Russia, mentre una parte significativa dell’opinione italiana è a favore della normalizzazione delle relazioni. In quattro dei cinque paesi presi in esame dall’indagine, la maggioranza è favorevole all’istituzione di un sistema di difesa europeo con un esercito comune.
“Non solo una grande maggioranza di cittadini desidera rimanere nell’Unione Europea, ma una maggioranza desidera anche vedere un’ulteriore integrazione e l’europeizzazione delle principali politiche pubbliche”, conclude il rapporto. In tutti i paesi intervistati la stragrande maggioranza dei cittadini esprime il desiderio di rimanere nell’Unione: non c’è paragone tra la proporzione di remainers e leavers. L’unica eccezione è la Francia, con un euroscetticismo più pronunciato; un quarto dei cittadini francesi vuole lasciare l’Unione Europea. In più, una grande maggioranza degli intervistati ritiene che l’appartenenza all’Unione abbia portato benefici al loro paese.
Non più di un quarto considera mai che l’Unione abbia indebolito la propria nazione, tranne, ancora una volta, in Francia, dove le opinioni sono perfettamente equilibrate tra coloro che pensano che l’Unione abbia rafforzato il loro paese e coloro che credono che lo abbia indebolito. Su questa questione, come su quasi tutte le altre, la Francia è il paese più scettico sui benefici dell’Unione. “Un punto che emerge da questo studio merita di essere sottolineato”, scrive le Grand Continent: “L’euroscetticismo e l’ascesa dei partiti radicali di sinistra (Ptb in Belgio, Lfi in Francia) e ancora più chiaramente di destra (Vox in Spagna, Lega e Fdi in Italia, AfD in Germania, Vlaams Belang nelle Fiandre, Rn in Francia…) sono strettamente collegati. Tale osservazione solleva la classica questione della direzione della relazione: questo euroscetticismo è alla base dell’ascesa dei partiti di destra radicale e di sinistra anti-establishment, o è invece una conseguenza del loro successo elettorale? Questa relazione è molto probabilmente il risultato di un effetto di rinforzo circolare”, scrive il rapporto. “L’euroscetticismo alimenta l’ascesa di questi partiti, che a sua volta rafforza il clima di sfiducia verso l’Unione, e quindi l’ascesa di questi partiti”.