Da marginali a imponenti. Nel nuovo corso del calcio sono cambiate le gerarchie, con ingenti capitali investititi e una politica sportiva sempre più aderente a logiche industriali. E ormai la provenienza delle squadre non mette più a disagio
Viene in mente la scena di Fantozzi dallo psicologo, in mezzo al caos di una corsia strapiena di gente che si riunisce intorno a lui curiosa. Si trova lì in quanto pensa di essere affetto da un complesso di inferiorità. Il medico lo rassicura, si fa per dire. “Fantozzi lei non ha nessun complesso di inferiorità”, dice il dottore, “lei è inferiore”, sentenzia il medico, marcando la voce sul verbo essere. Fino a un po’ di tempo fa, qualsiasi squadra che non fosse una delle metropoli, soffriva dello stesso complesso, ed ogni allenatore che provasse ad alzare la cresta, veniva respinto dalla comunità scientifica (si fa per dire) con l’identica diagnosi. Solo poche e comunque sporadiche le eccezioni nella storia. Il Verona del 1985 e la Sampdoria del 1991.
Per il resto è stato un monologo di Juventus, Inter e Milan con le ben note intrusioni di Roma, Lazio e Napoli. I motivi sono principalmente economici e “politici” (tra virgolette), e non credo ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni. Oggi il calcio sta cambiando, spostando la forza lentamente in provincia, laddove si investono ingenti capitali e si porta avanti una politica sportiva aderente a logiche industriali. In sintesi, bilancio attivo, investimenti sulle strutture, denaro solido e di provenienza ben circostanziata.
A guidare questo nuovo corso del calcio, in esatta controtendenza con la famosa iniziativa della Superlega, c’è l’Atalanta, su cui Andrea Agnelli espresse perplessità di curriculum (no storia no party). A Bergamo ogni giorno è una festa, con la squadra che vince in Italia e in Europa. La proprietà è americana, il fondo Bain Capital di Stephen Pagliuca, ma le garanzie sono lombarde, con la famiglia Percassi, lungimirante, artefice e sentinella lucida di un affare che funziona in quanto a gestione familiare. In panchina siede da otto anni lo stesso allenatore, il demiurgo Gasperini, colui da cui tutto nasce e si rigenera. Gasperini è l’allenatore che fa giocare il calcio più internazionale, che vuol dire bello, che significa efficace, che si traduce in vincente. Dopo qualche anno di assestamento ha letteralmente trionfato in Europa Legaue sconfiggendo in finale una squadra che non perdeva mai, il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso. Nella dialettica tra Conte e l’Inter (sei più forte tu, no tu), l’Atalanta resta in silenzio, pronta a dire la sua quando servirà. Perché sono cambiate le gerarchie, e i Fantozzi di una volta non esistono più. “Inferiore sarà lei”, risponde oggi il ragioniere al medico. Che poi Fantozzi a me faceva piangere, mentre se penso all’Atalanta invece rido.