L’ex pm condannato in via definitiva per rivelazione di segreto per la vicenda dei verbali di Amara. La Cassazione ha invece annullato con rinvio la parte della sentenza d’appello che riguarda la rivelazione a terzi dei verbali. La caduta del moralizzatore
Da mercoledì sera Piercamillo Davigo è ufficialmente un pregiudicato, termine che per decenni l’ex pm di Mani pulite ha usato come clava nella sua opera di moralizzazione della classe politica italiana. La Corte di Cassazione ha infatti confermato una parte della condanna emessa nei confronti di Davigo in primo grado e in appello per rivelazione di segreto nella vicenda dei verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. La condanna definitiva riguarda il reato di violazione di segreto commesso in concorso con il pm milanese Paolo Storari, che nel marzo 2020 fu convinto proprio da Davigo a consegnare a quest’ultimo i verbali secretati degli interrogatori resi da Amara. Su questo, hanno stabilito i giudici, la responsabilità penale di Davigo è irrevocabile: i verbali erano segreti e fu un reato farseli consegnare. La Cassazione ha invece annullato con rinvio la parte della sentenza d’appello che riguarda la rivelazione a terzi dei verbali. Dopo aver ricevuto i verbali secretati, infatti, l’ex pm ne rivelò il contenuto a svariati membri del Consiglio superiore della magistratura (di cui all’epoca faceva parte) e persino a un senatore, Nicola Morra. In appello Davigo era stato condannato a un anno e tre mesi, pena sospesa.
Davigo convinse il pm Storari a consegnargli i verbali secretati di Amara sulla loggia Ungheria (in seguito rivelatasi inesistente) dicendo che ai consiglieri del Csm “il segreto non è opponibile”. Storari si era rivolto a lui lamentando una presunta inerzia da parte dei suoi superiori sull’inchiesta. Come hanno affermato i giudici della Corte d’appello di Brescia, la tesi della mancata opponibilità del segreto ai consiglieri del Csm, “per quanto suggestiva, è da ritenersi erronea”. Il Csm, infatti, non ha “alcun accesso incondizionato e immediato agli atti di indagine”, e le sue stesse circolari spiegano che le notizie di reato e le altre circostanze che riguardano magistrati e che potrebbero essere rilevanti per il Csm devono essere comunicate dai procuratori generali e dai procuratori della Repubblica “con plico riservato al Comitato di presidenza” del Csm. In ogni caso, il passaggio avviene con procedure formali e codificate: “Giammai può avvenire attraverso quelle comunicazioni riservate e confidenziali, di cui tutti i testi hanno parlato”.
La contraddizione fra la condanna definitiva nei confronti di Davigo e l’assoluzione ottenuta, per gli stessi fatti, da Storari è solo apparente. Storari è infatti stato assolto in via definitiva per assenza dell’elemento soggettivo: consegnò a Davigo i verbali coperti da segreto, ma lo fece perché “convinto di interloquire con un soggetto legittimato a ricevere quelle informazioni e di veicolarle allo stesso per finalità istituzionali”. Per i giudici fu Davigo a rassicurare Storari sulla correttezza della procedura seguita. Vero è che sarebbe bastata una ricerca su Google a Storari per scoprire che quanto detto da Davigo non era affatto vero (ma su questo lasciamo al lettore ogni considerazione). La giurisprudenza, richiamata dai giudici d’appello, però è chiara: “L’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo in capo al concorrente ‘intraneo’ nel reato proprio non esclude di per sé la responsabilità del concorrente ‘estraneo’”.
La condotta che la Corte d’appello sarà chiamata a rivalutare riguarda la rivelazione dei contenuti dei verbali di Amara da parte di Davigo a numerosi membri del Csm, oltre che al senatore Morra. Su questo fronte, appare improbabile un “ribaltone” da parte dei giudici: i fatti sono stati ammessi dagli stessi soggetti coinvolti. La rivalutazione dovrebbe riguardare profili più formali che sostanziali. Sarà importante, però, per la parte civile del processo, Sebastiano Ardita, che venne indicato da Davigo ai suoi interlocutori come uno degli appartenenti alla loggia Ungheria sulla base proprio dei verbali di Amara. Le rivelazioni di Davigo ebbero come effetto quello di danneggiare la reputazione di Ardita e di isolarlo al Csm.
In attesa di tutto ciò, resta la condanna definitiva. Davigo non è più “il moralizzatore”, ma un pregiudicato.