Da quando dirige il liceo romano, Isabella Palagi si è già trovata a gestire la quarta occupazione. E questa volta risponde con una manifestazione per affermare il diritto allo studio. Simbolica ma incisiva, in un’Italia dove genitori e studenti oscillano tra rivoluzione e farsa
Fosse una pasdaran della democrazia per le vie spicce, quella che non bada alle buone maniere né all’aritmetica della maggioranza, avrebbe fatto irruzione nelle aule occupate e strappato sotto il naso il “comunicato” che stavano vergando con l’aiutino di mamma e papà. Ma siccome è una dirigente scolastica (ex “preside”) avveduta e pacata, ha convocato un sit-in silenzioso davanti alla prefettura. E ha avvisato tutti tramite registro elettronico, non tirando una molotov. Il fatto sarebbe persino banale in un paese normale, ma in Italia diventa strabiliante. Lo scorso venerdì un manipolo di studenti ha occupato il liceo Virgilio di via Giulia a Roma, no periferia disagiata e razzializzata, per protestare contro “l’autoritarismo scolastico” e “per disegnare il profilo della scuola che vorrebbero” (ci affidiamo alla sciatteria prosastica del Corriere perché, a suo modo, è paradigmatica della sciatteria del genere sociologico “okkupazioni”). “L’intento è di far finire pacificamente e il più presto possibile un’occupazione gestita da una esigua minoranza e che lede il diritto allo studio di molti”, ha spiegato. Il ministro Valditara le ha fatto una telefonata di solidarietà. Se avesse invece chiesto alle forze dell’ordine di mandare a casa, con le buonissime maniere, i pischelli con sacco a pelo sarebbe stato meglio. Ma siamo nel paese della rivolta sociale di Landini e la dirigente del Virgilio ha fatto un’altra cosa. Discreta, eppure squillante: un simbolico gesto di protesta in difesa del diritto di tutti.
Del resto Isabella Palagi, che in sei anni di Virgilio è alla sua quarta occupazione, non è nuova ad affrontare con civiltà e fermezza il circo Barnum. Lo scorso anno divenne famosa perché chiese la sospensione per i protagonisti dell’occupazione. “La repressione autoritaria entra a scuola”, scrisse qualche fesso. In compenso, con l’occupazione per anticipare le vacanze di Natale al Virgilio era entrato il teppismo: 25 mila euro di danni. Ora lo stanco rituale s’è ripetuto, e la preside ha indetto una manifestazione. Hanno partecipato una trentina fra docenti e genitori, una cosa simbolica, “perché non venga tolta la libertà di entrare a chi vuole entrare”. Del resto, asserragliati nella Stalingrado di via Giulia erano in trecento, su oltre mille studenti: la minoranza. Ma “il cortile era affollato”. “Abbiamo provato ad avere un dialogo con la dirigente ma lei attua le stesse dinamiche di repressione che si vivono all’esterno”. Se la frase può avere un senso compiuto. Manco fossero gli studenti di Seul sotto legge marziale.
Ma c’è una cosa culturalmente più deprimente, nella logora storia delle occupazioni. E’ il ruolo dei genitori che accompagnano mano nella mano i pargoletti a vedere com’è la rivoluzione. Sono un po’ comici anche quelli che vanno con la preside: ma almeno loro provano a trasmettere un paio di valori costituzionali. “Non siamo qui per saltare una settimana di scuola, ma per parlare di argomenti importanti. Non soffermatevi alla forma delle nostre azioni, ma guardate alla sostanza che proponiamo. Sono conseguenza di menti pensanti”. Questa l’ha scritta una mamma psicologa, scommettiamo. E quando un papà dice: “Che la vostra occupazione sia costruttiva, siate aperti”, siamo davvero al fondo. Valditara ha detto che è un “segnale di grande importanza quello che arriva dal Virgilio”. Il segnale di sgombero dei guerrilleros minori accompagnati sarebbe più bello ancora. Ma Isabella Palagi è una dirigente gentile, e l’Italia è quel che è.