A novembre Mohammadi era stata operata per un tumore alle ossa. Pena sospesa per 21 giorni, per concederle un po’ di riposo e di recupero, poi rientrerà nel terribile carcere di Evin, a Teheran, e dovrà “recuperare i giorni di sospensione alla fine della sua condanna”
La vincitrice iraniana del Nobel per la Pace 2023, Narges Mohammadi, incarcerata dal novembre 2021, è stata rilasciata per tre settimane per motivi medici.
“Sulla base del parere del medico legale, la procura di Teheran ha sospeso per tre settimane l’esecuzione della condanna di Narges Mohammadi e lei è stata rilasciata dal carcere”, ha detto il suo avvocato Mostafa Nili. “La ragione di ciò – scrive su X il legale – è la sua condizione fisica dopo la rimozione di un tumore benigno e l’innesto osseo effettuato” il mese scorso. A novembre Mohammadi era stata operata per un’escrescenza benigna. “I giorni di sospensione – spiega la fondazione dedicata alla premio Nobel – saranno recuperati alla fine della sua condanna”.
“Dopo settimane di ritardo in seguito al doloroso intervento chirurgico alle ossa subito da Narges Mohammadi, il pubblico ministero ha finalmente accolto la richiesta dell’avvocato Mostafa Nili, concedendole oggi una sospensione della pena di 21 giorni”, si legge sul profilo X dell’attivista e scrittrice. “Troppo poco e troppo tardi”, dicono però la sua famiglia e i suoi sostenitori, che ne chiedono il rilascio incondizionato “o almeno un’estensione del suo permesso a tre mesi”. La premio Nobel soffre anche di problemi cardiaci e polmonari.
Mohammadi ha cinquantadue anni, è un’ingegnera e una scrittrice, ha inventato alcuni dei motti della protesta che abbiamo sentito risuonare nelle strade e nelle scuole di Teheran in questi anni. Dal 2021, quando è stata arrestata un’altra volta per “propaganda contro lo stato”, ogni mattina si sveglia nel nord della capitale dentro il carcere di Evin, che è pieno di dissidenti come lei. Mohammadi non vede il marito e i suoi figli gemelli, che vivono a Parigi, da diversi anni e ha trascorso gran parte dell’ultimo decennio dentro e fuori dal carcere. Dietro le sbarre e privata del diritto di parlare con la sua famiglia in Francia, si è rifiutata di rinunciare alla campagna elettorale, organizzando proteste nel cortile della prigione di Evin e intraprendendo scioperi della fame.