L’ex senatore Esposito prosciolto dopo 7 anni: “Fine di un calvario”

Il gip di Roma ha archiviato le accuse di corruzione, turbativa d’asta e traffico di influenze nei confronti dell’ex senatore Pd Stefano Esposito. Ad avviare l’indagine fu la procura di Torino, che intercettò illegalmente 500 volte il parlamentare, attività poi censurata dalla Corte costituzionale

“Tesi irragionevole”. “Congetturale spunto investigativo”, “Fatto estraneo alla fattispecie penale”. Sono crollate dopo sette anni le pesanti accuse (corruzione, turbativa d’asta e traffico di influenze) rivolte dalla procura di Torino nei confronti dell’ex senatore Pd Stefano Esposito: il gip di Roma, a cui gli atti dell’indagine del pm torinese Gianfranco Colace erano stati trasmessi per competenza territoriale, ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dai pm della Capitale. Esposito era stato indagato nell’ambito nell’indagine “Bigliettopoli”, con l’accusa di aver messo a disposizione la sua funzione di senatore in cambio di utilità da parte di Giulio Muttoni, noto imprenditore dello spettacolo. Indagando su Muttoni, Esposito venne intercettato per tre anni 500 volte dalla procura torinese mentre era in carica, senza autorizzazione del Parlamento, come richiesto dalla Costituzione.

Alla fine il pm Colace chiese il rinvio a giudizio per Esposito portando a sostegno delle accuse 130 delle 500 intercettazioni, ricevendo il via libera della gup Giulia Minutella, anche qui senza alcuna autorizzazione del Senato. La condotta di Colace e Minutella è stata severamente censurata dalla Corte costituzionale, che ha dichiarato le intercettazioni nei confronti di Esposito inutilizzabili in quanto realizzate in violazione di legge. I due magistrati sono finiti sotto procedimento disciplinare al Csm.

Anziché chiedere l’archiviazione delle accuse in virtù dell’inutilizzabilità delle intercettazioni, i pm romani Rosalia Affinito e Gennaro Varone hanno demolito nel merito le accuse rivolte dalla procura di Torino contro Esposito, parlando di assenza di prove e sottolineando l’esistenza di mere “congetture”, di tesi “irragionevoli” e persino di errori dei colleghi torinesi nella configurazione delle fattispecie penali. “Le prove, considerate nella loro individualità e, quindi in sintesi logica, non rivelano mai, in alcun caso, la loro concreta, ragionevole idoneità a dimostrare l’esistenza di un patto illecito per l’esercizio di funzioni pubbliche, né per una spendita di carisma, derivante dal ruolo apicale, per ottenere entrature illecite verso pubblici ufficiali”, concludono i pm di Roma nella richiesta di archiviazione, poi accolta dal giudice Angelo Giannetti. L’archiviazione è avvenuta lo scorso 24 giugno, ma è stata scoperta da Esposito soltanto nei giorni scorsi in seguito alla risposta del Guardasigilli Carlo Nordio a un’interrogazione parlamentare del senatore Ivan Scalfarotto, nata da un articolo pubblicato sul Foglio sulla vicenda. A quanto risulta, infatti, i pm torinesi hanno depositato le trascrizioni delle intercettazioni illegittime all’interno di un altro fascicolo di indagine riguardante terzi.

Un fallimento su tutta la linea per il pm Colace, la cui inchiesta è stata bocciata prima dalla Cassazione per incompetenza territoriale, poi dalla Consulta per le intercettazioni illegali, infine dai magistrati romani.

“La verità finalmente è emersa, ma resta l’amarezza per sette anni di sofferenze”, dice Esposito al Foglio. “Ho dovuto combattere a mani nude contro una procura della Repubblica e un tribunale. Questa è una cosa che si possono permettere in pochissimi, sia dal punto di vista della forza emotiva che da quello economico. E poi qualcuno si chiede perché Toti ha patteggiato?”, aggiunge.

“Sono passato dall’essere un senatore che stava conducendo tante battaglie e che aveva attorno a sé centinaia di persone a ritrovarmi a combattere contro queste accuse in quasi totale solitudine – prosegue Esposito – I primi a scomparire sono stati quelli del mio partito, del Pd. A parte rare eccezioni, sono scomparsi tutti. Questo rappresenta il principale limite della sinistra, ma più in generale della politica italiana, ed è la vera ragione per la quale il populismo in Italia ha stravinto”.

“Ma è normale che un’indagine venga condotta in questo modo, tra illegalità e costruzioni accusatorie fantasiose?”, domanda ancora Esposito. “Ora a chi chiedo i danni se dopo sette anni mi ritrovo in queste condizioni? A nessuno. Dunque lasciamo da parte i discorsi sulle grandi riforme, sulla separazione delle carriere e tutto il resto. C’è una sola riforma che va fatta: chi sbaglia deve pagare”, conclude.



  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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