La guerra nel M5s solleva dubbi nel Pd. Tra la linea scettica di Prodi e l’ottimismo di Orfini, si discute su alleanze e futuro del centrosinistra. Parlano Guerini, Gualmini, Alfieri, Orfini e Bonafè
Il classico sasso nello stagno – lo butti e vediamo che cosa succede – è stato lanciato ieri mattina nella palude politica sotto forma di “delicato messaggio” di Beppe Grillo, in diretta e alla guida di un carro funebre (succo: io Beppe Grillo perderò, ho già perso, voi rivoterete nel weekend o forse andrete a funghi, io non mi offendo, ma il Movimento delle origini, stravolto nei valori dal “mago di Oz” Beppe Conte, sopravviverà “che ci siate voi o no”. Come dire: fatevi un altro simbolo). Visto dal Pd, può significare che l’alleato “progressista” Conte, di fronte a una battaglia legale con Grillo, potrebbe uscirne un po’ ammaccato. E quindi: ci si sta legando troppo a un cavallo che potrebbe rivelarsi zoppo? E’ questa l’occasione per vedere con occhi diversi le alleanze, e magari accodarsi allo scetticismo dell’ex premier Romano Prodi (che, alla presentazione del libro-dialogo con Massimo Giannini, alla libreria “Spazio 7”, a Roma, ha detto che “definire il Movimento 5 stelle di sinistra è difficile”)? Nell’area moderata dem, intanto, si sta a guardare. La questione non toglie il sonno all’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini: “Quando la politica lascia il posto alle carte bollate, si è già su un crinale non particolarmente entusiasmante”, dice: “Ciò detto, vedremo come finirà. Se il M5S vorrà partecipare a un’alleanza ampia di centrosinistra, come mi auguro, sarà una buona notizia, pur con tutte le difficoltà del caso e le distanze che ancora restano su alcune questioni tra cui — per me irrinunciabile — la definizione di una chiara linea di politica estera. Il Pd deve continuare a lavorare per l’unità delle forze di centrosinistra, così come ci viene richiesto dal momento e dalle sfide che abbiamo di fronte e, nel contempo, rafforzare sempre più il proprio profilo politico e programmatico di grande partito progressista e riformista che vuole parlare a grandi strati della società italiana”.
Può farlo con accanto un M5s dilaniato? Il responsabile al Pnrr e alle Riforme nella segreteria Schlein Alessandro Alfieri il Pd, al di là di chi e come camminerà al suo fianco, deve guardare ora più che altro a stesso, “e fare lo sforzo di rendere più solido il suo profilo plurale e popolare, senza farsi risucchiare dai problemi degli altri”. Ma che cosa può comportare davvero la mossa di Grillo? Per l’eurodeputata Elisabetta Gualmini, che da politologa ha studiato a lungo il M5s, “Grillo sicuramente non molla. Anzi rilancia, a prescindere dall’esito della seconda votazione. La battaglia sarà aspra in particolare sul simbolo e l’esito potrebbe essere quello di una possibile scissione. Per il Pd il conflitto Grillo-Conte è un problema, perché ha bisogno di alleati forti per costruire una coalizione alternativa alla destra. Quello che è ormai il partito di Conte ha scelto una collocazione chiaramente progressista e lì speriamo rimanga”. Tutto sommato ottimista si dice il deputato dem Matteo Orfini: “Conte ha fatto la sua scelta di campo tra i progressisti e ben venga, ma, al di là di questo, il Pd deve pensare a crescere. E non mi pare stia facendo male, anzi. Abbiamo addirittura espugnato Anzio e Nettuno, tradizionali fortini della destra nel Lazio”. “Non si sa ancora se davvero sarà tale il ‘muoia Sansone con tutti i filistei’ di Grillo”, dice la vicepresidente dei deputati dem Simona Bonafè, e “d’altronde Elly Schlein, a Chianciano, giorni fa, ha detto: no all’unità a tutti i costi. Bisogna quindi rinsaldare il nostro profilo, forti delle nostre idee, pur sapendo di non essere autosufficienti e di dover allargare, da partito plurale, l’area dell’opposizione”.