L’ex segretario della Cgil e già eurodeputato del Pd: “Sull’automotive c’è stata una sottovalutazione generale da parte di tutti. Schlein e le altre opposizioni? Discutano insieme di grandi temi economici. Finora non ci sono riusciti. Il governo va incalzato con un piano per l’industria”
“La crisi dell’auto è esplosa in maniera prevedibile. C’è stata una sottovalutazione da parte di tutti, anche della sinistra”. Per questo secondo l’ex segretario della Cgil ed ex eurodeputato del Pd Sergio Cofferati, “il governo italiano ha sicuramente delle responsabilità. Ma va incalzato con un piano per l’industria teso a evitare drammi occupazionali. La sinistra deve rilanciare un’idea di attività produttiva”. Anche i giornali del gruppo Gedi, della famiglia Elkann, hanno le loro colpe di distrazione? “Non si sono accorti di cosa stava accadendo al loro interno”.
Cofferati, che oltre a essere leader della Cgil ed europarlamentare è stato anche sindaco di Bologna, al Foglio riconosce la vastità di un problema che non è solamente italiano, “ma europeo, mondiale. Le istituzioni sovranazionali hanno trascurato tendenze che riguardano non solo la produzione ma anche le abitudini di consumo. Perché i giovani d’oggi non vedono più l’auto come un oggetto del desiderio per il passaggio all’età adulta”. E quindi va bene accusare il ministro Adolfo Urso e il governo italiano, “ma anche Francia e Germania la crisi l’hanno rincorsa, non hanno saputo affrontarla in anticipo”. Aver trascurato una questione così grande, anche a sinistra, secondo Cofferati vuol dire anche questo: “Se davvero vuoi l’auto elettrica e non hai gli strumenti per farla funzionare fai uno sforzo che serve a poco. E’ un’operazione di pura propaganda culturale”. L’ulteriore elemento di miopia, argomenta ancora Cofferati, è “non aver avuto un approccio più ampio. Perché quando si parla di auto si parla di tante cose connesse: tutta la componentistica, gli pneumatici, gli arredi interni. Ci sono interi settori che risentiranno della crisi di Stellantis. Ecco perché l’opposizione dovrebbe incalzare il governo affinché abbia un’azione che eviti drammi occupazionali”.
In questo, evidentemente, la sinistra negli ultimi tempi è mancata. “E’ per questo che deve essere capace di tornare a parlare di politica economica guardando a come influisce la politica industriale. Bisogna pensare ai più deboli e ai più poveri, ma anche a come cambiano le abitudini di chi sta in alto. Analizzando come si trasforma la società dei consumi. E’ quello che dovrebbe saper fare la sinistra”, dice ancora Cofferati. Perché invece in questi ultimi anni, e la segreteria Schlein non fa certo eccezione, la sinistra non ha messo Stellantis e l’automotive tra le sue priorità? “Si sono considerati i processi di trasformazione degli ultimi due decenni come inevitabili e sufficienti a cambiare cuore e natura di alcune attività produttive. Ma, lo ripeto, non c’è stata grande attenzione a capire davvero quello di cui avevano bisogno le persone. Se vogliamo questo, che è un momento drammatico, ha in sé anche qualche elemento di fascino, perché costringe tutti a ripensarsi, ad affrontare questioni che per troppo tempo una parte della politica non ha voluto affrontare perché non le considerava prioritarie. Ma certo è un lavoro che va fatto in fretta, perché la situazione, ancor di più nel nostro paese, richiede delle risposte rapide”.
Un’opposizione litigiosa, che su questioni industriali appare divisa tra le visioni centriste alla Calenda e quelle più movimentiste alla Conte, troverà una quadra? “Comincino a discuterne seriamente. Le diversità si possono superare, ma per adesso una discussione seria tutti insieme sui grandi problemi economici non l’hanno ancora fatta”. Una disattenzione favorita forse pure dal fatto che due grandi giornali come Repubblica e la Stampa sono finiti nelle mani della famiglia Elkann? “Anche loro non si sono accorti di quello che gli stava maturando dentro casa. Avrebbero potuto affrontare diversamente questo processo”.