Gedi, Stellantis: prima l’uscita di Molinari da Repubblica, ora quella dell’ad Tavares, sono segnali graditi alla premier. Ma la Lega chiede ancora l’audizione per Elkann. Il ruolo di Imparato, ceo Stellantis per l’Europa e la telefonata Urso-Elkann
Apre l’officina Meloni-Elkann, il garage “grandi riparazioni”, Stellantis-governo. L’uscita di Carlos Tavares, le sue dimissioni da ad di Stellantis? Per gli “elettrauti”, i dirigenti della premier, sono “un ulteriore e importante segnale”. E’ forse una prova d’amore a Meloni? “E’ la seconda di John Elkann, dopo la sostituzione del direttore Maurizio Molinari a Repubblica”. Cosa significa? “Che c’è la volontà da parte di Elkann di abbassare i toni, dopo mesi di insulti alla presidente del Consiglio”. La Repubblica di Mario Orfeo li ha abbassati? “Fa un quotidiano d’opposizione, ma non è offensivo”. Domenica sera, Elkann ha informato Meloni e Sergio Mattarella dell’exit di Tavares, ed è volato in America, a Detroit. Elkann assume la guida di un gruppo globale, e non si presenterà in Parlamento, in audizione, come hanno nuovamente chiesto FdI e Lega, con insistenza. Il testimone di Tavares, la figura che il 17 dicembre incontrerà il ministro Urso, sarà Jean-Philippe Imparato, ex ad di Alfa Romeo, e responsabile europeo di Stellantis, uno stendhaliano, studi a Grenoble, che parla spiccio: “Lo abbiamo detto cinquantamila volte: non lasciamo l’Italia. Ma non chiedetemi oggi quanto venderò, io produco, ciò che vendo”. Meloni-Elkann cambiano gomme, rifanno la loro “convergenza”.
La notizia quasi certa è che il prossimo ad di Stellantis non sarà Luca Di Meo, ad di Renault. Un’altra: il rapporto tra Stellantis e governo Meloni muta, dopo l’uscita di Tavares. La terza: immaginare Elkann sedersi in Parlamento e lasciarsi processare da scalmanati, con la bava alla bocca, questo, no, perché, ripetono nella sua officina, “Elkann è un business leader e Stellantis non è un gruppo solo italiano ma un gruppo che opera in 130 paesi nel mondo” e, ancora, “doveroso è informare le istituzioni, come è stato fatto, ma rispondere a tutti i partiti italiani significherebbe farlo in tutti gli altri 130 paesi. Impensabile”. Oltre a Meloni e Mattarella, John Elkann ha avuto una conversazione telefonica con il ministro Urso. Il 17 dicembre, al Mimit, è intenzione del governo chiudere il tavolo sull’automotive. A quel tavolo si presenterà Imparato, senza accento alla francese (è un franco-italiano) ex ad di Alfa Romeo, già a capo dei veicoli commerciali del gruppo, ex ad di Peugeot, che a Milano Finanza ha dichiarato: “Mirafiori è probabilmente lo stabilimento che avrà la possibilità di giocarsi la transizione elettrica nelle condizioni migliori”. Il cda di Stellantis ha accettato le dimissioni di Tavares, chiesto a Elkann di gestire la transizione. In queste ore, Elkann si trova in America, a Detroit, per parlare ai dipendenti, e nelle prossime il suo messaggio sarà diffuso tramite piattaforma negli altri paesi dove opera il gruppo. Ci tiene a ricordare che si sente italiano, che paga le tasse in Italia. Il governo adesso che fa? La Lega di Salvini si propone come il partito della colonna infame, chiede di conoscere “quanto prenderà Tavares come premio economico per la sua disastrosa gestione”.
Il partito di Meloni la vede come una grande occasione. L’idea è proporsi come partito-sindacato: tenere testa a Stellantis, chiedere impegni, e sostituire la Cgil di fronte agli italiani. I soliti elettrauti della premier: “Il futuro di Stellantis non dipende da chi ci metti al posto di Tavares ma da quello che fai. Stellantis non avrà assegni in bianco”. Cosa chiedete? “Investimenti certi e una clausola che impegna Stellantis a non licenziare, compreso l’indotto”. Stellantis vuole la tregua: ora che Elkann deve dirigere il gruppo, fino a metà del 2025, sarebbe “miope”, da parte della politica italiana continuare a chiedere di essere ascoltato in Parlamento. Se il governo Meloni dovesse raggiungere un accordo soddisfacente con Stellantis, il primo a pagarne le conseguenze, secondo il partito di Meloni, sarebbe Landini, la Cgil, che si avvia, per FdI, a “una fase terminale della sua storia”. Meloni si vuole “laureare” grazie a Elkann, il suo Dustin Hoffman: vuole piacere agli italiani e prendersi i voti degli operai. Meloni, modello Alfa: un “Duetto”.