Dalla devoluzione ai Lep: cosa dice la Consulta sull’autonomia

La Corte costituzionale motiva le criticità rilevate nella legge Calderoli e sottolinea l’esigenza di un’istruttoria approfondita prima del trasferimento di materie tra stato e regioni. Cassata la “delega in bianco”, ma si scioglie il timore che il Parlamento sia marginalizzato

La Consulta ha fatto un maxi tagliando, pronunciandosi su cinque aspetti della legge sull’autonomia differenziata, fermo restando – ha precisato anzitutto – che non è incostituzionale la scelta dello stato “di approvare una legge generale […] allo scopo di guidare gli organi competenti a svolgere il negoziato e di garantire un più ordinato e coordinato processo di attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost.”. Alcune decisioni erano ovvie: il Titolo V della Carta consente il trasferimento solo di specifiche funzioni all’interno delle singole materie in competenza concorrente, impedendo quindi bulimie devolutive regionali del tipo “ce le prendiamo tutte noi”.



Meno scontato, ma non inatteso, il punto sulla necessità di giustificare e motivare caso per caso il trasferimento, “in modo da evidenziare i vantaggi – in termini di efficacia e di efficienza, di equità e di responsabilità – della soluzione prescelta”: che deve essere preceduta “da un’istruttoria approfondita, suffragata da analisi basate su metodologie condivise, trasparenti e possibilmente validate dal punto di vista scientifico”. Insomma, non basterà chiedere per ottenere. A maggior ragione se poi la richiesta devolutiva dovesse riguardare funzioni relative a otto “supermaterie”, che – per il loro oggetto – almeno di regola dovrebbero restare nella competenza statale: commercio con l’estero; tutela dell’ambiente; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; professioni; ordinamento delle comunicazioni; norme generali sull’istruzione.

Qui la Consulta ha chiaramente agito come decisore quasi–politico, lanciando anche un avvertimento brusco: “Con riguardo a tali funzioni, l’onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà diventa, perciò, particolarmente gravoso e complesso. Pertanto, le leggi di differenziazione che contemplassero funzioni concernenti le suddette materie potranno essere sottoposte ad uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale” (traduco dal giuridichese: “se una Regione non ha motivi particolarissimi per chiedere la devoluzione nelle supermaterie, è meglio che non ci provi neppure. Altrimenti farà i conti con me”).



Passiamo ai Lep (i Livelli essenziali delle prestazioni). Secondo la Corte, “la determinazione dei Lep (e dei relativi costi standard) rappresenta il necessario contrappeso della differenziazione, una “rete di protezione” che salvaguarda condizioni di vita omogenee sul territorio nazionale”. Era perciò scontata la decisione sull’incostituzionalità della “delega in bianco”, poiché nella legge Calderoli i princìpi e i criteri direttivi necessari per determinarli sono indicati in modo indiretto e comunque con termini generici. Occorre quindi una nuova legge che li individui nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e solidarietà. Ancora. Ad avviso della Corte, prima che una Regione chieda la devoluzione, i Lep dovranno essere determinati per tutto il Paese; e se una Regione chiedesse “una funzione rientrante in una materia “no-Lep” e incidente su un diritto civile o sociale, occorrerà la previa determinazione del relativo Lep (e costo standard)”.



C’erano poi state polemiche sulla marginalizzazione del Parlamento nel processo devolutivo. Animi rasserenati, adesso. L’intesa devolutiva fra governo e singola Regione non vede le Camere in posizione di “prendere o lasciare”, cioè di approvarla o respingerla in blocco: potranno chiedere emendamenti. In giuridichese: “Qualora le Camere intendano apportare modifiche sostanziali all’accordo concluso, esso dovrà essere rinegoziato tra il governo e la Regione richiedente, il cui consenso è elemento essenziale della procedura”.



Chiudiamo in grigio, parlando di danaro. Altre polemiche urgentissime: dove si troveranno i soldi per costruire tutto il gran castello, visto che la legge Calderoli vuole una riforma a costo zero? La Corte risponde con azzurro ottimismo: “L’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini, in attuazione del principio di sussidiarietà”, per cui “il trasferimento della funzione non dovrebbe aumentare la spesa pubblica ma dovrebbe o ridurla o mantenerla inalterata, nel quale ultimo caso la gestione più efficiente si tradurrà in un miglioramento del servizio”. Basta però con il famigerato criterio della spesa storica, prosegue la Consulta: troppe le inefficienze che in essa “si annidano”. Al legislatore, ora, il compito di far ripartire la macchina.


Pier Luigi Portaluri, Università del Salento

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