La caduta di Bove, il silenzio del Franchi, la paura del passato

Fiorentina-Inter è stata sospesa dopo il malore del centrocampista. Sugli spalti i tifosi nerazzurri e della Viola sono rimasti fermi, uniti in un silenzio irreale

Il silenzio assoluto. Sono scattate da poco le 18:17, la tensione sul campo per un gol annullato scompare in pochi secondi. Difficile capire cosa stia succedendo, l’allenatore dell’Inter scivola sull’erba per correre verso un giocatore a terra. In tv si vede subito che è Edoardo Bove, i presenti allo stadio Franchi invece cercano di capire cosa stia accadendo. C’è una maglia viola a terra, i ventidue in campo fanno muro per non far vedere il dramma in corso. Ci vogliono diversi secondi per capire che è il numero 4, in prestito dalla Roma, a non muoversi. C’è agitazione, arriva la barella, i calciatori piangono nel loro abbraccio collettivo, l’ambulanza è ferma in un angolo del campo con il lampeggiante. Passano cinque (infiniti) minuti prima di realizzare che il giocatore è in viaggio direzione Careggi. Difficile dire qualcosa, la paura di rivivere drammi recenti paralizza un intero stadio.

Quella giornata di festa che non c’è stata

L’adrenalina della partita era quella delle grandi occasioni: il secondo posto in classifica, le sette vittorie consecutive, insomma l’arrivo dell’Inter aveva acceso l’entusiasmo di una città passionale con tanto di coreografia in quella curva Ferrovia dove la Fiesole è emigrata durante i lavori in corso allo stadio. Non solo, la gara è vivace: Kean si rende subito pericoloso e le polemiche per un gol annullato a Lautaro stanno per accendere il pubblico. Il Franchi però sprofonda nel silenzio. Scene già vissute riaffiorano, la mente corre a ricordi dolorosi. Sugli spalti nessuno parla. Per i più anziani i pensieri volano a un altro episodio che ammutolì tutti, quello del 22 novembre 1981, durante Fiorentina-Genoa, quando Giancarlo Antognoni cadde a terra dopo lo scontro con il portiere rossoblù Martina.

La paura di rivivere il dolore del passato

Spesso si dice che si parla troppo, invero sui social così è stato per alcuni, ma vedere una folla che trova nel silenzio il momento per riflettere non è un evento così comune da vivere. Solo pochi mesi fa era stato affrontato – in maniera simile – il malore di Joe Barone a Bergamo e la sua successiva scomparsa. Anche quella di Davide Astori è ancora presente nella liturgia della lettura delle formazioni tanto che i sei anni dalla sua morte sembrano ancora una parentesi contemporanea.

L’annuncio della sospensione della gara è arrivato un quarto d’ora dopo che Doveri aveva mandato tutti negli spogliatoi ad asciugarsi le lacrime. Quello del rinvio ha tardato ancora di più ad arrivare, annunciato solo dopo le 19, nonostante sui telefonini degli spettatori girasse il titolo della rosea con l’annuncio del rinvio da parte della Lega Calcio di Serie A. Eppure in tanti, compresi i tifosi nerazzurri, hanno scelto di rimanere fermi al proprio posto in attesa di non si sa cosa. Tutti uniti in un silenzio irreale. “Volevano vivere il momento così”, ha detto Francesco Flachi, non solo calciatore ma fiorentino da curva, commentando in tv la scelta del pubblico di restare per oltre tre quarti d’ora sugli spalti.

La condivisione delle emozioni è un atto rivoluzionario in un mondo sempre più individualistico. Daniel Goleman, ne “L’intelligenza emotiva”, ha definito lo scambio emotivo come uno scambio, spesso impercettibile, in una continua interazione reciproca di tipo sotterraneo. Come se un sentimento contagiasse tutti noi, proprio come se si trattasse di un virus sociale. Forse è successo questo, ma non è importa. Il primo comunicato ufficiale, quello congiunto di Fiorentina e Azienda Ospedaliera di Careggi, arriva quando molti sono già tornati a casa. Il calciatore viola, si legge, “è arrivato stabile dal punto di vista emodinamico presso il pronto soccorso ed i primi accertamenti cardiologici e neurologici effettuati hanno escluso danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardio respiratorio”. Le prime rassicuranti notizie però non riescono a dissipare quel che si è visto negli occhi di giocatori, tecnici e tifosi. Un calcio dal volto umano.

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