Dopo un primo “incidente” diplomatico all’Incontro mondiale sulla fraternità umana, la attivista yemenita, che oggi siede nel Consiglio di vigilanza di Meta, torna alla carica e dice che “i palestinesi riporteranno l’intero popolo alle loro case”
“L’asse del male emerge dalla storia e i palestinesi libereranno la loro intera terra e riporteranno l’intero popolo alle loro case. Non c’è dubbio su questo”. Visto che Yahya Sinwar è nel paradiso delle settantadue vergini, il dubbio è che fosse un post su X dell’ayatollah Ali Khamenei. Ma è di Tawakkol Karman, premio Nobel per la pace nel 2011 per la “primavera araba” nello Yemen (prima donna araba a ricevere il riconoscimento). I Nobel per la Pace flirtano spesso con l’odio. Mairead Corrigan Maguire, pacifista britannica Nobel per la pace, ha paragonato i missili di Israele alle camere a gas di Hitler. E appena una settimana dopo le stragi di Parigi del 2015, l’ex presidente della Finlandia e Nobel per la Pace, Martii Ahtisaari, ha detto: “L’Europa deve prestare attenzione alle ragioni della radicalizzazione. La questione di Israele e Palestina deve essere risolta”. Dunque, se il Califfo ha ordinato la morte di 130 francesi nelle brasserie e nella fossa del Bataclan è anche un po’ colpa di Israele. Ma con la frase di Korman, il Nobel per la pace fa un salto ulteriore di qualità.
A maggio, Karman aveva scatenato un incidente diplomatico tra mondo ebraico e Vaticano. A conclusione dell’Incontro mondiale sulla fraternità umana nell’atrio della basilica di San Pietro, Karman ha usato le espressioni “pulizia etnica e genocidio a Gaza”. La Nobel, in precedenza membro del partito yemenita Islah, legato ai Fratelli Musulmani, siede ora nel Consiglio di vigilanza di Meta, una specie di “corte suprema” per la moderazione dei contenuti e nel cui board ci sono anche figure prestigiose, da Michael McConnell, ex giudice federale americano e professore a Stanford, a Helle Torning Schmidt, ex premier della Danimarca. A settembre, Meta ha stabilito che lo slogan “Palestina libera dal fiume al mare”, vietato in Germania dopo che il ministero della Giustizia ha stabilito che è uno “slogan di Hamas”, non vìola le politiche aziendali sull’incitamento all’odio.
Allora, visto che “i palestinesi libereranno la loro intera terra e riporteranno l’intero popolo alle loro case”, senza distinzione alcuna tra terre del 1948 e del 1967, lo slogan che ha segnato l’8 ottobre va riscritto così: “From the river to the sea, Palestine will be Jew free”. Ma sia chiaro: fratelli tutti.