Da Picasso a Maurizio Cattelan, passando per il biblista improvvisato Aldo Cazzullo. L’esempio perfetto della banana appiccicata alla parete, venduta a 6,2 milioni di dollari. Fra tuttologi e critici dell’ineffabile, solo il turpiloquio riuscirà a salvarci
Per fortuna, sfogliando i supplementi culturali, siamo un po’ più distratti di quando leggiamo di guerre e mutamenti climatici. A volte però, invece di addormentarci, ci svegliamo e ci si aprono gli occhi. Allora le cose vanno male.
Certo non è una festa per la cultura la notizia che Aldo Cazzullo, con il suo Il Dio dei nostri padri, è al primo posto nelle classifiche di tutti i libri più venduti e domina anche la saggistica, seguito da due bei campioni come Gianrico Carofiglio e Bruno Vespa. Farci insegnare la religione giudaico-cristiana da Cazzullo è piuttosto deprimente, considerando che, anche in tv, l’autore di un libro così audacemente ambizioso è assai presente e ci spiega-racconta una serie di “giornate particolari” spaziando nella storia universale fino a insidiare perfino quel fenomeno di Alessandro Barbero, il quale può parlare indifferentemente, vispo come un grillo, delle guerre puniche e delle crociate, del Rinascimento a Firenze e di Napoleone, arrivando a Caporetto e a tutto il Novecento. Bella lotta: attento Barbero che Cazzullo sta per minacciarti da vicino con la sua onniscienza storica. Ma attenti anche Romano Guardini, Ratzinger e monsignor Ravasi, perché Cazzullo spiega e racconta anche il Dio del cristianesimo prendendo con soddisfazione il posto di teologi e biblisti.
Ma lasciamo stare la storia e la religione e passiamo alla famosa, ineffabile “arte moderna e contemporanea” e a qualcuno dei suoi eroi. Mettiamo da parte anche un gigante come Picasso, papa e re della pittura novecentesca, nonché simpatico impostore capace di ipnotizzare i critici d’arte di tutto il mondo con quadri scadenti come Demoiselles d’Avignon e Guernica. Picasso era stato un vero genio prima di capire che qualunque pseudoritratto avesse dipinto sarebbe stato seriosamente studiato invece che scatenare più appropriatamente qualche risata.
Nel Novecento c’è stato anche il notevolissimo caso di Piet Mondrian, che mentalmente, seriamente asettico e geometrico come era, non ha fatto altro che produrre “celebri quadri” fatti di tanti quadrati e quadratucci, più o meno colorati. Vedo nel supplemento domenicale del Sole 24 Ore che ora l’“acclamato” (sic!) critico Nicholas Fox Weber pubblica su Mondrian una “attesissima” biografia: His Life, His Art, His Quest for The Absolute (Knopf, pp. 656, 40 dollari). Il profano tuttavia può continuare a chiedersi: era pittura quella di Mondrian o solo “ricerca dell’assoluto” immaginato rigorosamente, esclusivamente in forma quadrilatera? Mondrian, secondo Gombrich, “era un mistico”; ma, direi, solo per così dire, perché i mistici non mi pare che abbiano mai dipinto quadri, né figurativi né astratti. Del resto l’immutabile assoluto non è, non può essere esclusivamente quadrato, non può trascurare, credo, i poligoni e i cerchi.
Mondrian era un uomo assai castigato e per così dire tutto di un pezzo. Ma il peggio, ancora una volta, doveva venire: e io credo che sia perfettamente esemplificato dal nostro connazionale Cattelan. Che cosa dire in proposito? Direi: No, Cattelan no. Quale altro monosillabo si potrebbe usare per annunciarlo? Invece, apprendo da Repubblica di domenica scorsa, che Cattelan continua a girare e imperversare con la sua banana appiccicata a una parete, e tutto il mondo dell’arte ne parla, perché venduta a 6,2 milioni di dollari. In mancanza di un’opera d’arte o prodotto artistico quale che sia (la sua banana non è affatto artistica) e in mancanza di artista (Cattelan non è un artista) la critica d’arte in generale e in qualunque forma non è possibile. Per dire qualcosa in proposito rimane solo il turpiloquio. Turpe è infatti il non artista Cattelan che vende non-arte come arte, turpe la sua merce. Per esprimersi su questo non c’è che il turpiloquio. Cattelan è un furbissimo cretino e puttanone (sia detto spassionatamente) che prende per il culo quelle beate teste di cazzo degli addetti ai lavori, cioè al mercato. Come autore della sua banana non merita altro che un “ma vai a cagare”.
Cari critici d’arte, invece di guardare la banana o constatarne solo la presenza lì sul muro, dedicate i vostri sguardi, anche solo per un momento, alla faccia di Cattelan, perché è una vera espressionissima opera d’arte del buon Dio, il quale, per definizione, non può mentire. Su Repubblica del 22 novembre è comparsa una foto di Cattelan che mostruosamente ride e straride, brutto come è. Quell’immagine è un capolavoro. Dice tutto.