Definita da alcuni osservatori come una “Nato a guida russa”, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva sta subendo sul fronte istituzionale i contraccolpi delle mosse militari di Mosca, con il rischio di essere messa in secondo piano dai suoi stessi membri
Arrivato mercoledì ad Astana anche come ambasciatore delle mire di Rosatom sul settore nucleare kazaco, si è conclusa ieri la visita del presidente russo Vladimir Putin in Kazakistan, dove ha preso parte a un summit dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto). L’incontro fra i membri dell’organismo, di cui fanno parte l’Armenia, la Bielorussia, il Kirghizistan e il Tagikistan, oltre alla Russia e al Kazakistan, è servito per fare il punto sull’anno in fase di conclusione e provare a definire nuove e più approfondite forme di cooperazione tra i paesi aderenti all’organizzazione militare e di sicurezza. Quest’ultimo punto risulta particolarmente significativo, considerando anche che Erevan ha deciso di non inviare alcun suo rappresentante al meeting nella capitale kazaca.
Non si tratta di una novità: il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato a chiare lettere la volontà di fare un passo indietro rispetto alla partecipazione alla Csto, sospendendo qualsiasi forma di cooperazione con un’organizzazione descritta come una minaccia esistenziale per l’Armenia. Una dinamica figlia del mancato intervento delle truppe dell’organismo durante il lungo conflitto con l’Azerbaigian, culminato con la resa armena in Nagorno Karabakh, sulla base di motivazioni pretestuose. Pashinyan sta provando a riorientare il suo paese verso ovest, senza però essere arrivato al momento a un vero e proprio punto di rottura con Mosca nell’ambito della Csto.
Sorta nel 1992 come una delle realtà istituzionali sulla carta più importanti dopo il dissolvimento dell’Unione sovietica, la Csto ha avuto fin dall’inizio una storia travagliata, anche a causa della diffidenza delle repubbliche centro asiatiche rispetto agli sforzi russi per il mantenimento dell’influenza di Mosca sulla sfera della sicurezza in Asia Centrale. Paesi come l’Azerbaigian, la Georgia e l’Uzbekistan aderirono per poi fuoriuscire e il suo mandato non è mai stato definito con chiarezza. Un esempio: teoricamente la Csto non prevederebbe l’intervento militare in caso di instabilità interna di uno dei membri, lasciando la gestione di situazioni di questo tipo ai singoli governi nazionali. Ma, nel gennaio 2022, le truppe a guida russa sono confluite in Kazakistan per sostenere il regime di Tokayev, alle prese con un tentativo di rovesciamento da parte di figure fedeli al precedente leader, Nursultan Nazarbayev. Per poi invece, come abbiamo visto, non intervenire a sostegno dell’Armenia lasciando che la situazione si risolvesse a vantaggio dell’Azerbaigian.
Anche se è stata definita da alcuni osservatori come una “Nato a guida russa” la Csto è sempre stata ben lontana dal modello a guida statunitense e negli ultimi due anni lo è diventata ancora di più. La dimostrazione la si trova anche nelle ultime mosse di Putin sul fronte militare: l’accordo in vista con l’Iran, che dovrebbe prevedere anche un significativo approfondimento nell’ambito della sicurezza, così come la controversa intesa difensiva con la Corea del nord, mostrano come l’inquilino del Cremlino stia guardando altrove rispetto all’organizzazione. Ricambiato dalle repubbliche dell’Asia Centrale: secondo alcune ricerche, queste ultime starebbero diversificando con sempre maggiore decisione la fonte dell’equipaggiamento per le proprie forze armate, avvicinandosi a paesi come la Cina, Turchia e gli Stati Uniti. Se si pensa poi che proprio Pechino ha compiuto significativi passi avanti dal punto di vista militare nell’area, arrivando a rendere operativi almeno due avamposti in Tagikistan, paese in cui Mosca dispone della sua più grande base all’estero, si capisce lo slittamento di influenza che sta avvenendo.
La situazione appare chiara: la Csto sta subendo sul fronte istituzionale i contraccolpi delle mosse militari di Putin. La Russia è vista dagli alleati come una controparte sempre meno affidabile e così la cooperazione nell’ambito della Csto viene messa in secondo piano, quando non esplicitamente boicottata. Difficile che l’organismo crolli con fragore, ma pare destinato a un lento ma progressivo deterioramento.