All’Eurocamera il partito di Elly Schlein si è diviso in tre posizioni differenti sulla risoluzione a sostegno dell’Ucraina sull’uso di armi a lungo raggio e sulla scelta di Biden di colpire in territorio russo
Esistono poche certezze di questi tempi, ma una resta immutabile. E riguarda il Pd. Partito dalle mille sfumature, destinato per forza d’inerzia a spaccarsi. Ieri a Strasburgo per gli appassionati del genere, che ormai è letterario, c’è stato addirittura un piccolo record. Il partito di Elly Schlein sull’Ucraina si è fatto in tre. Il voto sugli emendamenti alla risoluzione del Parlamento europeo a sostegno dell’Ucraina, in particolare sull’uso di missili a lungo raggio e sulla scelta di Biden di colpire in territorio russo, ha diviso la delegazione dem guidata da Nicola Zingaretti.
Alla fine Giorgio Gori, Pierfrancesco Maran, Pina Picierno e Irene Tinagli hanno votato a favore, mentre Cecilia Strada, Marco Tarquinio e Alessandro Zan si sono detti contrari. La maggioranza del gruppo Pd si è astenuta: Lucia Annunziata, Brando Benifei, Stefano Bonaccini, Annalisa Corrado, Antonio Decaro, Camilla Laureti, Giuseppe Lupo, Alessandra Moretti, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Raffaele Topo e Nicola Zingaretti. E siamo a tre. Con Dario Nardella e Stefano Bonaccini che non hanno partecipato al voto. Un dettaglio che svela i vorrei ma non posso del partito guidato da Schlein, che pensa tutto e il suo contrario.
Questa votazione resterà come un bignami della politica italiana perché Lega e M5s si sono ritrovati insieme sul No in nostalgia dei tempi gialloverdi. E soprattutto con Forza Italia, isolata nel Ppe, in ossequio alla linea del leader e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Gli emendamenti contro l’uso di armi a lungo raggio alla fine però non sono passati e il testo finale a sostegno dell’Ucraina è stato comunque supportato da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Pd e dal verde Ignazio Marino, in solitudine rispetto al gruppo. L’unica certezza è che la linea dell’Italia è confusa, a essere buoni.