Lo storico leader sindacale della Uil: “Il Garante non è ostile ai sindacati, serve spirito di collaborazione. Salvini interpreta il suo ruolo in modo straripante. Ma chi ha ragione sullo sciopero generale lo deciderà il Tar”
“Capisco l’obiezione di chi dice che i sindacati ci mettono un certo carico politico nella scelta di scioperare. E Landini non fa nulla per evitarlo, per stemperare i toni. Peraltro sarebbe una cosa che converrebbe alla Cgil, perché questa strumentalizzazione serve soprattutto ai partiti d’opposizione per infilarcisi e cercare di sfruttarla per le loro finalità e fare il loro gioco”. Luigi Angeletti è stato per oltre quattordici anni segretario della Uil. Lo abbiamo raggiunto per chiedergli se non ci sia, da parte del sindacato che ha guidato, il rischio di accodarsi un po’ troppo alla leadership di Maurizio Landini. Che forse interpreta lo sciopero generale come un modo per cavalcare l’opposizione politica. “Il rischio c’è, ovviamente”, dice Angeletti al Foglio. “Ma è difficile fare delle scelte senza correre dei rischi. Io credo che la proclamazione di uno sciopero sia sempre una valutazione indipendente delle sigle. Chiaramente da rispettare”.
Eppure nell’avvicinamento allo sciopero generale di venerdì è successo un po’ di tutto. Il Garante per gli scioperi, per esempio, ha intimato a Cgil e Uil di uniformarsi ai dettami di legge per quel che riguarda gli intervalli di legge tra una mobilitazione e l’altra nei servizi essenziali. Le due sigle confederali hanno detto no e allora il ministro Salvini ha optato per la precettazione, chiedendo un massimo di quattro ore di sciopero nei Trasporti. Fa bene il segretario della Uil Bombardieri a sostenere che il Garante ha risposto ai diktat del ministro? “A me sembra che il ministro dei Trasporti si muova in un modo un po’ straripante. Ma è chiaro che il Garante è un organo non ostile ai sindacati. Anzi, è stato costituito proprio di comune accordo con le sigle. Serve a contemperare il diritto allo sciopero con i diritti degli utenti nei servizi essenziali. E allora io credo che non ci sia bisogno di caricare questa contrapposizione di significati ideologici o politici. Serve spirito di collaborazione”. Il punto, però, secondo l’ex segretario Uil, è che “troppo spesso sigle assolutamente minoritarie occupano sin dall’inizio dell’anno il calendario degli scioperi. E’ il motivo per cui poi i sindacati più rappresentativi si trovano nella scomoda situazione di dover decidere se subire delle vere e proprie discriminazioni o di forzare le regole. Per cui è evidente che le regole vanno rispettate, ma forse è arrivato davvero il momento di fare una legge sulla rappresentanza dei sindacati. Perché è chiaro che le sigle che fanno le elezioni al loro interno, con iscrizioni certificate, non possono essere messe sullo stesso piano di organizzazioni con poche centinaia di iscritti”. L’ulteriore critica che è stata mossa a Landini e Bombardieri è che dall’inizio di questa legislatura hanno organizzato tre scioperi generali consecutivi, sempre in contrasto con la manovra, quasi fosse una reazione automatica per fare polemica strumentale a questo governo di destra. “E sarebbe una obiezione fondata se esistesse non dico la concertazione. Ma anche quel ‘dialogo sociale’ promosso da un ministro della Lega come Roberto Maroni. In cui i problemi vengono discussi in maniera preventiva rispetto alle decisioni politiche. Perché almeno poi il governo possa decidere tenendo conto dei vari rilievi delle parti sociali. E poi se non si tiene conto delle richieste, almeno si spieghi la ragione del diniego”, argomenta Angeletti. “Ma a me sembra che in questi ultimi anni la discussione sia stata principalmente tutta interna alla maggioranza”.
Non è però un problema il fatto che, ad esempio, ci sia una spaccatura sempre più netta tra Cgil e Uil da una parte, e una più dialogante Cisl dall’altro? “I sindacati hanno due metodi di azione. O trattano o scioperano. Nei miei anni anch’io mi sono trovato a firmare accordi separati, quando l’alternativa a un accordo tra tutti era la paralisi. Ma se si arriva allo sciopero è perché evidentemente una vera alternativa non c’è. Questo perché è chiaro, e lo dico da ex che si sente ancora da questa parte, non è che possiamo starcene con le braccia conserte senza poter far nulla se non siamo d’accordo”. L’invito però, lo abbiamo detto all’inizio, è a “non infilarsi troppo in dinamiche di strumentalizzazione puramente politica”, sostiene ancora Angeletti. Che sulla diatriba tra le sigle e Salvini la vede in un modo piuttosto distaccato: “Deciderà il Tar chi ha ragione”.