Una vita speciale e un’esperienza d’ascolto davvero “immersiva”. Tifosi, paninari e lupi mannari. Le migliori “cose da ascoltare” uscite (più o meno) questo mese
Rafael. Una vita speciale
di Lorenzo Giroffi per Storie Avvolgibili
La serie più interessante del mese parla di un ragazzo con un sogno, di coltelli e di vicoli, di pallone e di furti, di sfratti e gentrificazione, di notti passate in un’auto gelida. Parla di e con le persone che fanno parte di quel mondo sotterraneo che di solito non vediamo anche se è a un passo da noi. Lorenzo Giroffi ha una voce autoriale decisa: cruda e umana allo stesso tempo. Ha lavorato alle grandi storie della cronaca italiana e internazionale eppure ha un occhio attento alle storie minime, ma vitali e calde, che in qualche maniera lo trovano e gli si appiccicano addosso. Lo aveva già fatto capire con i precedenti podcast Cani Violenti e Mi chiamo Pietro Puzone. Stavolta il suo racconto incrocia quello, in presa diretta, di Rafael, 16 anni, calata partenopea e sangue rom. Giroffi lo ha conosciuto durante le riprese del documentario “Il vicolo dei sogni”. Uno scugnizzo con uno sguardo lucido sulle vite dissestate, ma piene di speranze, dei ragazzi di vico San Mandato, nel centro storico di Napoli. Una storia senza lieto fine, ma che vive e pulsa.
Effetto Eco
di Adriano Barone e Luca Blengino
Partiamo dai difetti: certe svirgolate pol. corr, come lo sbirro polisessuale e i polpettoni sull’inclusività, che ci saremmo risparmiati. Così come certe scelte ritrite in alcuni dialoghi e nella costruzione dei personaggi: un noir con protagonista un ex brillante poliziotto al quale una sventura ha rovinato vita e carriera, ma va? Partiamo dai difetti, ma una volta messi nel cassetto assieme alla nostra boriosa prosopopea, quel che resta è un racconto dal quale è difficile staccare le orecchie.
A proposito di orecchie: Effetto Eco è un balsamo per chi cerca esperienze d’ascolto davvero “immersive”, aggettivo spesso abusato. Ha scritto la brava Andrea De Cesco, recensendo questo podcast, he ci sono prodotti audio “capaci di evocare nella mia mente atmosfere sonore così piene che quasi ho percepito di vederle. Proprio come succede con alcuni libri”. Ecco, in questo podcast – un thriller con un pizzico di paranormale, un mistero da risolvere in otto puntate – non serve neppure un grande allenamento per “vedere” con le orecchie, perché accanto a un cast d’eccezione (Filippo Nigro, Francesco Pannofino, Fatima Romina Ali) c’è una colonna sonora eseguita da un’orchestra di diciotto elementi, un sound design pazzesco che fonde migliaia di registrazioni originali con le voci di una settantina tra attrici e attori. Altra trovata notevole è il sistema di registrazione a tripla microfonazione, che permette agli attori di narrare senza essere vincolati a un leggio fisso e all’ascoltatore di seguire i protagonisti, passo dopo passo, aggiungendo l’elemento spaziale a quello uditivo.
Prendo la sciarpa e vengo da te
di Michele Bitossi per Rai Play
Eh sì, c’è qualcosa di irrazionale che mi fa, ci fa, uscire di casa per andare a uno stadio, che mi fa, ci fa, stare a casa seduti su di un divano quando magari fuori ci sono un sacco di cose da fare. Eh sì c’è qualcosa di irrazionale che mi fa, ci fa, tenere a dei colori, sempre quelli, per una vita intera senza sapere davvero perché. O meglio, il perché lo sappiamo. Sappiamo che li abbiamo scelti perché li consideravamo allora, li consideriamo ora, i migliori, gli unici possibili, quelli giusti per colorare la nostra vita. L’unica cosa che non cambierà mai in un mondo che cambia, in una vita che cambia. Eh sì c’è qualcosa di irrazionale nel tifo, nel considerare una squadra se non una ragione di vita, quanto meno un punto fermo della nostra esistenza. C’è nulla di razionale nel godere o disperarsi per undici giocatori in maglietta e pantaloncini che cercano di fare gol ad altri undici uomini ma agghindati in maniera diversa. Poco male. La razionalità è cosa noiosa, buona per gente con la quale non voglio avere nulla a che fare. Gente che tanto non potrà mai capire il senso di urlare Sembra impossibile che seguo ancora te questa è una malattia che non va più via, vorrei andar via, via di qua, ma non resisto lontano da te, o qualsiasi altro coro capace di unire cinque, dieci, venti, cento mila persone perfettamente irrazionali come te. Gente che ad ascoltare “Prendo la sciarpa e vengo da te” di Michele Bitossi è capace di dire “ma questi son tutti scemi”. Sì, e allora? Meglio scemi che come loro.
Paninari ’80
di Matteo Ranzi e Ramon Verdoia, per Podcast Italia Network
Quando ci si mette le cuffie e si pigia play si viene investiti da un’ondata di milanesità che era dalle estati al mare di una vita fa che non se ne sentiva una così. Perché una cosa va detta: indipendentemente da dove passavate le vacanze bambine, c’era sempre qualche milanese con il quale giocavate o, quando non eravate più bambini, passavate le serate nel tentativo, sempre assai vano, di rimorchiare. C’è un’altra cosa che va detta: c’è forse nessuna categoria di persone che stavano, stanno, più sulle balle del milanese paninaro, quelli con il Moncler colorato, i jeans a sigaretta, le Timberland o le Nike bianche e in testa cotonature e mesh che nemmeno Simon Le Bon in The Reflex. I tempi però cambiano, i pregiudizi si affievoliscono e lasciano spazio alla curiosità. E Paninari ’80 questa curiosità la riempie alla grande. È un bel giro in sella a un Fifty, una mappa per capire tutte quelle cose che solo i paninari hanno capito di loro stessi. Un viaggio multivoce, un po’ ironico un po’ no, un po’ serio un po’ no, con tanto di voce di paninaro pentito fatto col vocoder alla maniera dei pentiti veri o semiveri, tipo Iene. Un podcast fatto low-fi ma per finta, di quelli dove la storia è raccontata non attraverso le solite voci monocorde e monocolore. È un bel pentapartito, da Rai craxiana.
Lupi mannari di Via Massena
di Radio Deejay e One Podcast
Una serata invernale trascorsa attorno a un tavolo insieme a vecchi amici. È la sensazione che si ha al termine di questa serie. Dodici voci di Radio Deejay, guidate dal master Francesco Lancia, e un gioco da tavolo: “Lupi Mannari”. Le regole sono piuttosto semplici: tra quei dodici giocatori, nove sono semplici contadini (in realtà ognuno con un suo “potere”, ma non stiamo a complicarci la vita), mentre tre sono famelici licantropi, che a ogni turno – mentre gli altri giocatori chiudono gli occhi – fanno fuori un abitante del villaggio. L’obiettivo dei lupi, naturalmente, è divorarli tutti. I contadini invece devono capire chi sono i mannari, mettersi d’accordo e condannarli al rogo. Ma non è affatto semplice, perché bluff e facce da poker sono la regola.