La neutralità fra aggrediti e aggressori è il suicidio dell’umanitarismo. Prima di Netanyahu e Gallant, la lista è lunga, dall’Iran alla Russia
Il diritto umanitario, invocato dal G7 alla vigilia di un accordo limitato e condizionato di tregua in Libano, è un’ovvietà. Le guerre travolgono ma non cancellano la dignità e il diritto di tutti i civili coinvolti, vecchi donne e bambini tra gli altri. Ma il suo uso strumentale contro Israele è semplicemente una carognata. L’Onu ha rimosso una funzionaria keniota convinta che la guerra a Gaza e in Libano sia il legittimo tentativo di smantellare due organizzazioni terroristiche, Hamas e Hezbollah, che minacciano la vita e l’esistenza di Israele, stato e popolo. Se non aderisci alla teoria di Israele genocida sei fuori dall’agenzia internazionale del diritto umanitario. E puoi lavarti la coscienza parteggiando per l’umanitarismo insieme agli iraniani, che quei gruppi terroristici foraggiano, organizzano e mandano, come si è mandanti di stragi e omicidi. Questo la dice lunga sull’uso propagandistico del concetto di giuridicizzazione della guerra.
L’autodeterminazione di un popolo e la difesa dei confini di una comunità non sono affidate al diritto monco e trasversale di maggioranze “anticoloniali”, sono affidate alla forza e al coraggio di quel popolo e dei suoi alleati veri. L’equivalenza tra Israele e Hamas, che il G7 per gentile concessione nega, è affermata implausibilmente e in forma moralmente assassina dalla Corte penale internazionale con i suoi ridicoli mandati di cattura contro i vivi e i morti di un conflitto di autodifesa nazionale.
Se vuole esistere, primo dovere del diritto umanitario è di colpire ayatollah e pasdaran per i loro crimini contro il popolo e le donne iraniani, per la loro ricerca del nucleare allo scopo di distruggere Israele, per la loro opera incessante di coordinamento e finanziamento e armamento dei sette fronti in guerra asimmetrica contro lo stato ebraico, che si difende da sempre rispettando per quanto possibile la necessità di limitare i danni ai civili. Dovrebbe seguire lo scandalo internazionale per la presa di ostaggi, per la loro detenzione e “scrematura” in vita nelle loro prigioni, per l’uso sistematico dei civili come scudi umani in ospedali, moschee, scuole e altre sedi civili. Dovrebbero essere condannate tutte le responsabilità statali, compresa quella del Libano, per la protezione offerta a un partito-stato di terroristi che a Beirut ha fatto fino a ieri il bello e il cattivo tempo, organizzandosi per colpire Israele e gli abitanti del nord con migliaia di lanci di razzi. Bisognerebbe che i tutori del diritto umanitario si occupassero con maggiore diligenza dei mercenari nordcoreani e houthi in Ucraina, del sequestro di bambini e della loro importazione in Russia, delle annessioni dei territori occupati e della loro russificazione. Prima di Netanyahu e Gallant, la lista è lunga. E della lista non fanno parte o non devono far parte coloro che si difendono dalle aggressioni.
Sono concetti fin troppo elementari. Che non li capiscano i filosofi chiacchieroni nella scena grottesca dei talk-show italiani, o ragazzotti ubriachi di wokismo, si può perdonare, perché non sanno quello che fanno e che dicono. Che la diplomazia occidentale flirti con posizioni filoterroriste, e si disponga in una linea di neutralità o intermedia fra gli aggressori e gli aggrediti, fra le bande armate che servono a una logica di annientamento e un esercito regolare che organizza l’autodifesa, magari con l’assenso del governo italiano rispettoso di questo tipo di diritto umanitario, è più che discutibile, è osceno. Si vorrebbe non essere obbligati ad aspettare con trepidazione l’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Grazie.