Amsterdam deve essere la sentinella d’allarme, scrive il primo giornale israeliano
“Si tratta di una delle città più cosmopolite del mondo, con residenti provenienti da 180 paesi” scrive Ben Dror Yemini sul primo quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth. “Gli olandesi, ad Amsterdam, non sono la maggioranza, né lo sono gli abitanti di origine europea. Nei primi anni 10 di questo secolo, gli olandesi costituivano il 50 per cento della popolazione, ma all’inizio del secondo decennio erano scesi al 44 per cento. Il gruppo più numeroso dopo gli olandesi è formato da circa 80.000 immigrati marocchini, seguito dal Suriname con circa 63.000 e dalla Turchia con circa 45.000. Amsterdam avrebbe dovuto essere come Berlino, Londra e Parigi: un rifugio per oppositori di stati nazionali e per i sostenitori delle frontiere aperte e del multiculturalismo. Un modello di città libera e aperta. Ma non avevamo bisogno delle violenze anti Maccabi Tel Aviv per sapere che si trattava di illusioni.
Esattamente vent’anni fa, nel novembre 2004, il regista Theo van Gogh veniva assassinato ad Amsterdam da Mohammed Bouyeri, un giovane di origine marocchina. Fu il primo omicidio islamista nei Paesi Bassi. Van Gogh aveva pubblicato articoli critici sull’islam e l’immigrazione e aveva diretto ‘Submission’, un film contro l’oppressione delle donne nell’islam scritto da Ayaan Hirsi Ali, che all’epoca era una parlamentare musulmana olandese di origine somala. Quindi, lo scorso fine settimana non è iniziato niente di nuovo. I segnali erano sempre stati lì da vedere. A maggio, dimostranti pro Hamas hanno inscenato tumulti all’Università di Amsterdam: hanno distrutto e vandalizzato, causando danni per circa 4 milioni di euro. Le autorità hanno affermato di non avere idea di chi fosse responsabile del vandalismo dilagante, anche se le riprese video dell’evento erano ampiamente disponibili. Non è stato arrestato nessuno. Quasi tutti gli arrestati per le violenze anti Maccabi Tel Aviv sono già stati rilasciati. Dopotutto, nessuno vuole attaccare briga con una comunità di jihadisti in continua crescita. E in generale, criticare gli immigrati è off-limits. In questo caso l’attacco proviene da due direzioni: i progressisti ti etichettano come razzista e i jihadisti potrebbero farti quello che hanno fatto a Van Gogh. Anche Geert Wilders, a capo del Partito per la libertà, il più grande nei Paesi Bassi, etichettato come ‘estrema destra’, deve essere costantemente sotto scorta.
L’Europa è nei guai. Nel 2017 Douglas Murray pubblicava ‘The Strange Death of Europe’ (‘La strana morte dell’Europa’), dove affrontava la fantasia liberal che ha portato e continua a portare a un afflusso di immigrati in tutto il continente. Ma cerchiamo di essere precisi: il problema non riguarda tutti gli immigrati. Gli indù, ad esempio, rappresentano una vicenda di successo sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito. Non è una coincidenza che (fino allo scorso luglio) il primo ministro del Regno Unito provenisse da una famiglia di immigrati. Kemi Badenoch, recentemente eletta a capo del Partito Conservatore del Regno Unito, proviene da una famiglia di immigrati nigeriani. Il problema è con gli immigrati che arrivano senza alcuna intenzione di integrarsi. Sono fuggiti da paesi repressivi solo per rendere i paesi in cui si sono stabiliti ancora più oscurantisti. Dimostranti e agitatori appartengono a questo secondo gruppo. Arrivano per imporre la legge della sharia. Non nascondono nulla.
E’ necessario essere precisi: ad Amsterdam, su decine di migliaia di musulmani solo una parte relativamente piccola ha partecipato al pogrom. Ma è proprio questo il punto. Non ne serve più di qualche migliaio, soprattutto quando godono di sostegni. Non è un segreto che il Qatar, che finanzia Hamas, finanzia anche innumerevoli moschee e imam estremisti in tutta Europa. La sobillazione è sistematica e costante. L’Europa non è stata in grado di fermarla. Tutti gli avvertimenti e gli allarmi si scontrano con la barriera inflessibile della coalizione rosso-verde: progressisti estremisti e islamisti. Questa coalizione è quella che sta marciando da mesi nelle strade delle principali città dell’occidente. E’ il cancro razzista e antisemita incistato in ogni nazione occidentale. Solo un giorno prima della notte delle violenze ad Amsterdam, i dimostranti avevano circondato una sinagoga a Montreal. Senza l’intervento della polizia, sarebbe potuto finire in un linciaggio. Questi incidenti sono diventati routine in un occidente debole e accondiscendente. Non si tratta di proteste per i diritti dei palestinesi. Sono campagne di odio, razzismo e antisemitismo.
Tutto questo non avviene nel vuoto. I principali organi di informazione occidentali, non solo Al Jazeera, alimentano l’odio trasmettendo continuamente propaganda sui presunti crimini di Israele. Proprio la scorsa settimana, la Cnn ha mandato in onda un servizio sull’impatto dei bombardamenti israeliani su 19 ospedali in Libano. Non c’era una sola parola su un anno di lanci di razzi dal Libano su Israele, né sul fatto che ad essere colpiti non erano ospedali ma siti di Hezbollah nelle loro vicinanze. Né c’era alcun accenno alla devastazione che si verifica puntualmente ogni volta che sorge un jihad sunnita o sciita. Qualsiasi spettatore ragionevole, non solo un musulmano, esposto a questa istigazione martellante si sentirebbe in dovere di scendere in piazza con una bomba incendiaria per colpire istituzioni ebraiche o israeliane. Il carburante che fomenta tutto questo viene sparso da pseudo-liberal perfettamente allineati alla retorica predicata nelle moschee della Fratellanza musulmana.
C’è poco da essere ottimisti. Persino la reazione contro l’immigrazione, che sta rafforzando partiti di destra e di estrema destra, non cambierà nulla. E’ troppo tardi. E niente soddisferà gli scatenati jihadisti. Obbediscono ai loro imam, mirano a imporre la legge della sharia. Sono una minoranza, ma egemone e dominante. Anche i musulmani ne sono vittima. E quando un ebreo o un israeliano nella Amsterdam di oggi deve nascondere la propria identità o deve essere scortato dalla polizia per visitare il Museo di Anna Frank, è chiaro che l’Europa non ha imparato né superato nulla. Il cancro nazista ha già distrutto l’Europa una volta. La sua mutazione jihadista potrebbe farlo di nuovo”.