La transizione climatica potrebbe costare meno del previsto

A guardare i numeri si vede che per contenere l’aumento della temperatura e contrastare il cambiamento climatico servono molti soldi, ma non partiamo affatto da zero. E la tecnlogia può ancora soprendere

Alla Cop29 di Baku non si è fatto altro che parlare di soldi. La discussione tra Paesi in via di sviluppo – che sono partiti da una richiesta di 1.300 miliardi di dollari all’anno – e quelli industrializzati è parsa più un’animata assemblea di condominio che una conferenza delle parti. Non appena si discute delle cifre necessarie per mitigare il cambiamento climatico il sentimento prevalente è lo sconforto. Oggi sembrano irraggiungibili le migliaia di miliardi – per capirci, cifre a 12 zeri – necessarie ogni anno per mitigare le conseguenze peggiori della crisi, adattare le popolazioni e ripagare i danni inevitabili. Tanto più con Donald Trump nell’anticamera della Casa Bianca pronto a mettere in atto l’uscita degli Stati Uniti dagli accordi climatici, per la seconda volta.

Eppure non è detto che queste cifre siano così astronomiche come appaiono a prima vista. Per capirlo dobbiamo porci alcune domande e mettere i numeri in prospettiva. La prima è: quanti soldi servirebbero davvero per contrastare il cambiamento climatico e mantenere l’aumento della temperatura? Le stime a livello globale variano tra i 5 e i 12mila miliardi all’anno. Una montagna di soldi, ma non irraggiungibili: oggi l’umanità investe annualmente cifre simili per istruire le prossime generazioni e per curarsi. E se guardiamo ai soli sistemi energetici, nel 2024 in tutto il mondo saranno investiti circa 3mila miliardi di dollari per generare e fornire l’energia necessaria alla civiltà, per la maggior parte in fonti pulite. Certo, i soldi in più servono (almeno il doppio). Ma non partiamo da zero.

Va detto inoltre che molti dei modelli climatici su cui le stime dei costi sono basate puntano all’obiettivo di limitare l’incremento a 1,5 gradi. Un’ambizione ormai quasi impossibile da concretizzare: per riuscirci le emissioni annue dovrebbero crollare di quasi la metà entro la fine del decennio invece di continuare ad aumentare. Nel concreto significherebbe, per esempio, congelare immediatamente le centinaia di miliardi di nuovi investimenti nei fossili tutt’ora in corso. Superare il grado e mezzo, raggiunto per la prima volta quest’anno, e forse anche i due gradi per poi tornarvi al di sotto entro la fine del secolo pare oggi lo scenario più probabile. Come ha fatto notare l’Economist, per quanto non auspicabile una transizione climatica più lenta costerebbe di meno, almeno in un primo momento. Per la sola Cina per esempio è stato stimato che limitare la temperatura a +1,5 costerebbe il 37 per cento in più rispetto all’obiettivo +2° C.

Esistono anche altre incognite sulle stime dei modelli climatici, che dovendo fornire scenari probabilistici sul futuro non possono che fare delle ipotesi. Tra queste ci sono la crescita economica – paradossalmente, se si rivelasse più bassa del previsto la transizione costerebbe meno – e quella demografica. L’incognita più importante riguarda però la tecnologia. Già in passato l’innovazione ci ha preso alla sprovvista, superando le più rosee aspettative. Prendiamo i pannelli solari: i loro prezzo è crollato di oltre il 90 per cento nell’ultimo decennio, e continua a calare anche nel 2024. Tanto che le previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia sulla generazione di elettricità da fonte solare vengono sistematicamente smentite e riviste al rialzo. Lo stesso è accaduto con le batterie, che nei prossimi anni potrebbero regalarci nuove sorprese con le innovazioni in arrivo sullo stato solido e sugli ioni di sodio. Per non parlare della fusione nucleare, ancora però lontanissima dalla commercializzazione.

E infine c’è un’ultima domanda a cui dovremmo dare risposta prima di definire irrealistiche le cifre richieste per combattere il cambiamento climatico. E cioè: l’alternativa quanto costerebbe? Anche qui le stime sono molto diverse tra di loro, ma tutte sono concordi su due punti. Primo, si tratterebbe di numeri a 12 zeri, trillions li chiamano gli americani. E due: i costi della non-transizione supererebbero quelli richiesti dalla lotta al cambiamento climatico.

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