L’insetto Gregor Samsa? Non si può far vedere nemmeno da lontano

Quanto colpisce la somiglianza tra un famoso dipinto di Giacomo Balla, intitolato “La pazza”, e il frontespizio della “Metamorfosi” disegnato da Ottomar Starke

Kafka non voleva assolutamente che il suo insetto venisse disegnato. Se ne è discusso all’infinito, si direbbe però che la sua motivazione fosse piuttosto semplice. “L’insetto immondo” doveva essere immaginato, non visto. La copertina disegnata avrebbe ridotto a una la figura dell’insetto, invece delle innumerevoli che lettrici e lettori avrebbero intravisto.

Kafka aveva scritto allarmato al dottor Meyer, responsabile delle edizioni di Kurt Wolff: “Egregio signore! Lei mi ha scritto che Ottomar Starke disegnerà un frontespizio per ‘La metamorfosi’. Ne ho provato un piccolo spavento… Siccome Starke fa delle effettive illustrazioni, mi è passato per la mente che voglia disegnare l’insetto stesso. Questo no, per carità, no! Non vorrei limitare l’ambito della sua competenza, ma rivolgere soltanto una preghiera sulla base della mia ovviamente migliore conoscenza del racconto. Non lo si può far vedere neanche da lontano… Se mi fosse permesso avanzare a mia volta proposte per un’illustrazione, sceglierei scene come: i genitori e il procuratore davanti alla porta chiusa, o, meglio ancora, i genitori e la sorella nella stanza illuminata, mentre la porta che dà nella camera attigua, tutta buia, rimane aperta”.

Morto Kafka, com’era inevitabile, miriadi di illustratori si dedicarono a disegnare la loro idea dell’insetto. Starke rispettò il desiderio di Kafka e (nell’immagine in basso a sinistra) disegnò un uomo davanti alla porta semiaperta sul buio della camera, in vestaglia, che si tiene la testa fra le mani, disperato: Gregor, o più probabilmente il padre. Come si vede, Starke si è uniformato a Kafka per la porta – aperta – che dà sulla camera buia. Mi ha colpito una somiglianza con un famoso dipinto di Giacomo Balla, del 1905, dunque dieci anni prima, intitolato “La pazza”. E’ un grande olio su tela, alto 175 cm., oggi alla Galleria Nazionale di arte moderna di Roma. Qui la porta è spalancata sull’interno, e fuori c’è una gran luce giallodorata, il campo di grano di Villa Borghese. La figura scarmigliata, stravolta, è connotata più psichiatricamente, per così dire, nella smorfia del volto e nelle mani stirate e uncinate – il torinese Balla aveva frequentato le lezioni di Lombroso. La donna ritratta era davvero considerata pazza, Matilde Garbini, una barbona romana, forse già prostituta, ossessionata, si diceva, dalla maternità mancata o perduta. L’indice alzato come a chiedere silenzio – “Il bambino dorme”, era abituata a dire. Il quadro restò sempre nella famiglia di Balla, le figlie l’avrebbero poi donato alla GNAM romana. Fu esposto, con gli altri tre di una serie intitolata ai “Viventi”, al Salon d’automne parigino tra il 1° ottobre e l’8 novembre del 1909 – forse anche, nello stesso anno, a Odessa.

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