Il magnate di SpaceX e X è cambiato tanto negli ultimi anni. Una storia che parte dalla pandemia e giunge alle battaglie contro il politicamente corretto, fino alla raccolta di fondi elettorali per Trump. Tutte i punti di svolta più importanti, raccontati dall’ex investitore di Tesla Andrea Zanni
“Un uomo molto strano”. Secondo l’edizione statunitense di Rolling Stone, così sarebbe stato definito Elon Musk da un membro della campagna elettorale di Donald Trump. Nelle ultime settimane prima del voto, infatti, Musk prese di fatto in carico la gestione della Trump Campaign: fu una scommessa rischiosissima, per tutte e due le parti, ma soprattutto per il candidato, che specie in alcuni stati in bilico delegò tutto al comitato per la raccolta di fondi elettorali di Musk, “America Pac”. Qualora la scommessa fosse andata diversamente e Kamala Harris avesse visto, i trumpiani erano pronti a dare la colpa a Musk. Così non è stato, ovviamente, e ora il capo di Tesla, SpaceX, X e altre aziende di vario tipo, è l’ombra del presidente eletto.
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Musk è cambiato molto, in questi anni, per ragioni molto discusse e ancora poco chiare. Cos’è successo, di preciso? E cosa può significare per il futuro di Tesla? Sono alcune delle domande che abbiamo posto ad Andrea Zanni, bibliotecario digitale, autore e investitore in Tesla dal 2015-2016. Ma le cose sono cambiate e oggi Elon è una figura diversa: secondo Zanni, che ha investito in Tesla per favorire la transizione energetica verso le energie rinnovabili, l’azienda ha tuttora un peso e una direzione riconducibile a quella della “mission” originaria, il documento con cui Tesla si è sempre presentata al pubblico.
La missione, in poche parole, è (o forse era?) di “accelerare la transizione mondiale verso l’energia rinnovabile”. In questo, sostiene Zanni, il contributo di Tesla è indiscutibile, sia per l’impatto nel settore automotive che nella produzione di batterie, ad esempio. Ma una “mission” non è per sempre e negli ultimi anni Musk si è distanziato dal documento, prendendo decisioni difficilmente giustificabili dal punto di vista ambientalista. Secondo l’investitore italiano, finché Tesla costruisce auto e batterie, avrà per lui senso investirci: nel momento dovesse cominciare a costruire bombe o armi, cambierà idea.
Nella conversazione, che si può sentire integralmente nella nuova puntata del podcast Screenshot, Zanni cerca di individuare i momenti di svolta nella mutazione di Musk: tra tutti, la pandemia, che costrinse alla chiusura la gigafactory di Tesla a Fremont, in California, aprendo un vaso di pandora di ricriminazioni nei confronti dei democratici. Seguirono le bufale commentate o ritwittate su Twitter/X, e le prime dichiarazioni contro il “woke mind virus”, il politicamente corretto nei confronti dei diritti civili delle persone LGBTQ+. Un evento cardine è stata poi la transizione di sua figlia, Vivian Jenna Wilson, transessuale prontamente rinnegata dall’imprenditore. Il quale, anzi, sostiene da tempo che suo figlio sia “morto”, ucciso dal virus woke.
Non è comunque detto che la politica – e questo nuovo “dipartimento” per l’efficienza governativa che gli è stato assegnato in comune con Vivek Ramaswamy – sia la cosa giusta per Musk. Di sicuro è stata ottima per gli affari, visto che i titoli delle sue società sono schizzati in borsa e gli investitori pubblicitari si preparano a tornare X (sperando di far piacere a Trump). Ma la policy, la gestione delle questioni umane, sociali, non sono il punto forte di Musk, secondo Zanni, come ha già dimostrato il caso di X. Rimane poi da capire quanto due ego tanto grandi, quelli di Musk e Trump, potranno coesistere in uno spazio tanto stretto.