Nella lista delle inutilità sotto la Madonnina il primo premio lo vincono i post sull’insicurezza delle periferie, che fanno migliaia e migliaia di like ma che non si traducono in voti. Come evitare un altro candidato à la Luca Bernardo
In quale posizione, nelle classifiche della qualità della vita nelle città, si posizionerà Milano nel 2034? Un salto di dieci anni nel futuro pare l’arrivo di una nuova èra geologica, nella schizofrenia dei social-media di oggi che ci costringe ad appiattirci sul presente. Invece no, perché è oggi che si costruisce la Milano dei prossimi dieci anni. Non possiamo stare appresso solo al governo dell’oggi, alle politiche per l’istante. Esattamente quelle in cui si specchia buona parte della politica assembleare meneghina di oggi. Svegliatevi, il tempo è poco e chi si mette a parlare di nomi – i Lupi o le Letizie, poco cambia – non fa che ripercorre la via fallimentare che la volta scorsa ha partorito come candidato di destra Luca Bernardo. Nella lista delle inutilità sotto la Madonnina il primo premio lo vincono i post sull’insicurezza delle periferie, che fanno migliaia e migliaia di like ma che non si traducono in voti. Inutili, i post sulla sicurezza, perché servono solo ai 15 secondi di celebrità. Inutili perché le periferie sono talmente stanche di tutto e tutti, che non votano più per nessuno. Con record di astensione che colpisce soprattutto la destra, che potrebbe aspirare ai voti del malcontento cittadino, ma evidentemente le grida d’allarme non bastano. Il Partito democratico ad oggi è stato più svelto a capirlo, e allora solletica con le battaglie sui diritti la pancia piena della Milano opulenta e che spende. Chissà se il centrodestra, invece di lanciare prematuramente figure di valore e di peso nel frullatore, capirà che un rapporto di ascolto con chi la città la fa muovere, ovvero l’impresa ovvero il capitale ovvero la cultura ovvero l’università, va cercato e costruito sulla base di proposte concretissime. Non è l’orologio rubato a uno youtuber a mobilitare un voto d’alternativa. Il giusto appello all’europarlamentare Letizia Moratti, front woman di Forza Italia e non solo in città, potrebbe proprio essere questo: invece di spendere nomi di persone, tornare a parlare di temi. Non totonomi, ma opere di bene (pubblico). Si raffreddino i toni da social sovraeccitati, si torni a fare politica, in questa città in cui il massimo dell’elaborazione è una rissa continua tra partito dell’auto e partito del monopattino, tra partito della ciclabile e partito del sedime stradale, tra chi vuole nuovi palazzi e nuove residenze e chi propone esposti su qualunque cosa. Ecco, in questa città divisa e divisiva, “acchiappacitrulli e che costa uno sproposito”, mettere qualche idea in circolo potrebbe non fare male. Se si vuole davvero proporre un’alternativa a tre lustri di guida del crntrosinistra. Si potrebbe per esempio proporre un piano aggressivo, complessivo e innovativo di ampliamento della rete dei mezzi pubblici verso l’esterno della città. E i soldi? I soldi vanno trovati, ma in questo Milano è bravissima. Si potrebbe, con le linee della metropolitana che iniziano finalmente ad uscire, iniziare a ragionare in termini finalmente espliciti di “espansione”, magari con accordi bilaterali o multilaterali con i comuni dell’hinterland. Però bisogna ascoltarli, e questo dura fatica. Ci fosse ancora il gran Carlo Tognoli potrebbe dare consigli in questo senso, visto che è dai tempi suoi che Milano non rimette nell’agenda delle cose da fare la “multicentricità” e l’ambizione a essere capitale di un territorio vasto. E poi, non solo idee ma pure qualche sogno: sarebbe bellissimo un protocollo d’intesa – ma pieno di contenuto, che vuol dire soldi – tra Milano e Torino e tra Milano e Genova. In fondo, arrivare all’Humanitas di Romano dal centro richiede lo stesso tempo che arrivare a Torino dalla Stazione Centrale. E magari un altro MiTo, un nuovo MiGe, un MiBer o MiBre. Aprire ciò che è chiuso, scoperchiare se non i Navigli almeno le nostre legittime ambizioni bausciose, oggi oscurate dalle inchieste sull’urbanistica, dall’afasia del sistema di politica rappresentativa, dal pasticciaccio brutto del Meazza e dalle improvvide serrate di sportelli che dovrebbero rimanere aperti al pubblico. Il resto è cattiva politica dormiente e inutile.