La spesa per l’incoronazione di Carlo III d’Inghilterra è stata di settantadue milioni di sterline. Non sono pochi soldi, ma in Italia abbiamo preferito investire soldi pubblici, per un valore millecinquecento volte più grande, nel Superbonus
È vero, settantadue milioni di sterline sono un sacco di soldi: io, ad esempio, esiterei a elargirli a un accattone che me li domandasse per strada, oppure a pagarci il conto di una cena al ristorante, e perfino a investirli per ristrutturare casa. Ciò nondimeno fatico a comprendere lo scalpore insorto quando è stato rivelato che tale è stata la spesa per l’incoronazione di Carlo III d’Inghilterra.
Uno potrebbe far notare che le spese di apparato sono sempre notevoli, e che la medesima cerimonia, svolta in un sottoscala con una corona di cartone, non avrebbe avuto lo stesso impatto; che l’incoronazione è un momento storico, la cui estrema rarità giustifica che si largheggi un po’; che il solenne accesso al trono di un sovrano riguarda tutti i sudditi, volenti o nolenti, fino a che non decideranno di istituire la repubblica; che l’indotto dell’incoronazione ha beneficiato gli stessi cittadini, le cui tasse erano state destinate all’evento; che in Italia, non avendo incoronazioni da organizzare, abbiamo preferito investire soldi pubblici, per un valore millecinquecento volte più grande, nel Superbonus 110%.
Sono ragionamenti troppo sottili. Basta far notare che l’incoronazione di Carlo III, per limitarci al solo Regno Unito, è stata guardata da venti milioni di persone: il suo costo complessivo è stato dunque di tre sterline e mezzo per ciascuno di loro, meno di un biglietto per il cinema, più o meno come andare a prendere un gelato. È vero però che le incoronazioni costano, mentre scandalizzarsi senza motivo è molto più economico.