La contrapposizione tra immigrati patriarcali e italiani brava gente non esiste

Da giorni se ne discute a proposito delle parole di Valditara, ma è una manipolazione grottesca. Il dibattito sensato sarebbe quello sulla contrapposizione fra patriarcato e maschilismo, che non sono affatto sinonimi

Onestà intellettuale, curiosità per l’opinione altrui, carità interpretativa sono le tre virtù teologali che più mancano al dibattito contemporaneo, e di certo sono mancate nell’ultima polemica seguita alle parole del ministro Valditara sul patriarcato. Queste virtù non devono interessarci per biasimare chi non le pratica – la salute della loro anima non ci compete – ma per gli effetti perversi che ci riguardano tutti, perché il trascurarle porta a sprecare tutte le energie generando molto calore e pochissima luce. Da giorni si discute di una contrapposizione inesistente: quella tra i cattivi immigrati che ci portano il patriarcato sui barconi e gli italiani brava gente che il patriarcato lo hanno abolito nel 1975. Chiunque pratichi un poco le tre virtù di cui sopra sa che si tratta di una manipolazione grottesca delle parole del ministro. La contrapposizione di Valditara era un’altra, quella tra patriarcato e maschilismo, che non sono affatto sinonimi (il maschilismo si fa spesso più feroce proprio laddove il patriarcato vacilla o scompare). Questo sì sarebbe un dibattito sensato – dico di più, penso sia il grande tema della nostra epoca. Per parte mia, a differenza del ministro sono convinto che Cacciari non esageri affatto nel collocare due secoli fa il crollo dell’autorità patriarcale (ma il crollo di un ordine così antico non è mai una cosa immediata, è un po’ come la morte di Dio: dopo averlo ucciso ti trovi alle prese con il suo cadavere, e con quello che Nietzsche chiamava “il lezzo della divina putrefazione”). Cacciari ci vede chiaro perché conosce fin troppo bene la cultura di lingua tedesca dell’Ottocento e del Novecento: è lì, infatti, che occorre frugare per impostare correttamente i termini della questione. Questo spazio è troppo breve per tentare anche solo di accennare alle idee che mi sono fatto in proposito: sarà per un’altra volta. Mi congedo dunque dal lettore con un consiglio: se è in cerca di un punto d’ingresso per orientarsi in questa selva, legga un libro preziosissimo di storia delle idee di Peter Davies, Myth, Matriarchy and Modernity. Johann Jakob Bachofen in German Culture 1860-1945 (De Gruyter, 2010).

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