La Corte ha dichiarato incostituzionale una legge dell’Umbria che richiedeva la residenza nella regione per poter svolgere il servizio di Ncc. Una nuova sentenza che mostra l’impostazione più favorevole al mercato e alla concorrenza della Consulta
La Corte costituzionale è intervenuta nuovamente su taxi e Ncc. Dopo che questa estate aveva avvisato che la carenza di offerta poteva ledere i diritti di mobilità dei cittadini, la Consulta ora ha dichiarato incostituzionale una legge dell’Umbria che richiedeva la residenza nella regione per poter svolgere il servizio taxi o Ncc, sottolineando che la concorrenza è un “valore basilare della libertà di iniziativa economica” tutelata dall’art. 41 della Costituzione. La necessità di adeguare l’offerta è sotto gli occhi di tutti i cittadini che cercano un taxi nelle principali città del paese, che da quasi vent’anni non hanno adeguato il numero di licenze all’aumento della domanda. Il governo Draghi aveva provato a fare una riforma, ma è stato prima osteggiato dai partiti e poi è caduto. Il governo Meloni è intervenuto con il decreto Asset, opera del ministro Urso, che è stato del tutto inutile: dopo due anni non c’è un solo taxi in più. Al contrario, a fine ottobre è stato emanato un decreto interministeriale per ridurre l’offerta di Ncc, con l’introduzione del foglio elettronico e l’obbligo di sosta tra un servizio e l’altro di 20 minuti.
Un’ulteriore stretta di quel barlume di concorrenza che esiste, anche grazie allo sviluppo tecnologico delle app. Non a caso la norma è stata apprezzata dai tassisti. Ciò che servirebbe, invece, è il contrario: una liberalizzazione del settore taxi e Ncc, come è successo in tanti paesi, dalla Francia al Portogallo. Nell’area allargata di Parigi, che include 8 milioni di abitanti , ci sono ormai più di 40 mila Ncc oltre a 20 mila taxi. In tutta la Lombardia, che conta 10 milioni di abitanti, ci sono 5.800 taxi e circa mille Ncc. Ma la politica in generale, e il governo Meloni in particolare per il suo storico rapporto con i tassisti, preferisce proteggere una categoria a discapito dei diritti degli altri cittadini. Per fortuna, contro questi eccessi, interviene la Corte costituzionale che sta mostrando, se non una svolta, un’impostazione innovativa più favorevole al mercato e alla concorrenza, incorporando l’esperienza e la tradizione di authority come l’Antitrust.