L’aula di Montecitorio approva il pacchetto di norme firmato da Michela Brambilla: un poderoso incremento di pene detentive e pecuniarie accompagnato da nuovi reati e aggravanti. Sognando una deterrenza sempre più mitica
“Vittoria! La Camera ha approvato la mia legge per inasprire le pene per i reati contro gli animali! Basta impunità!”. Festeggia così Michela Vittoria Brambilla, deputata di Noi Moderati e presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, subito dopo il via libera di Montecitorio con 101 voti a favore, 95 astenuti e 2 contrari del suo disegno di legge recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali”. La definisce una “rivoluzione”, dedicata “alle vittime mute e invisibili, al cane Aron, al gatto Leone e a tutti gli animali di cui non si è mai parlato e mai si parlerà”, anche se nella sostanza si tratta dell’ennesimo intervento in chiave panpenalista attuato da un membro della maggioranza.
Il testo, spiega Brambilla, “aumenta le pene, sia detentive che pecuniarie, per i principali reati e illeciti a danno degli animali: l’uccisione, il maltrattamento, l’organizzazione di combattimenti”. E infatti chi provocherà volontariamente la morte di un animale non rischierà più dai quattro mesi a due anni di reclusione, bensì dai sei mesi a tre anni, oltre a una nuova multa che va da 5 mila a 30 mila euro. La pena aumenta fino a quattro anni se il fatto è commesso con sevizie, caso in cui raddoppia l’importo da pagare ( fino a 60 mila euro).
Si arriva poi al reato di maltrattamento di animali, in cui cresce il minimo della pena detentiva (da tre a sei mesi) e anche il massimo (da diciotto mesi a due anni) corredato da una multa tra i 5 mila e i 30 mila euro. Per questi reati, inoltre, viene aumentata la pena fino alla metà “se l’autore dei fatti diffonde descrizioni o immagini dei medesimi attraverso strumenti informatici o telematici”. Analogamente, anche per l’abbandono di animali viene prevista la reclusione da uno a cinque anni e una multa dello stesso importo dei precedenti reati. Qui la questione diventa più complessa, in quanto l’articolo che riguarda questo reato, il 727 del codice penale oltre a punire certi comportamenti “con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro”, rientra anche fra quelli modificati dal nuovo Codice della strada approvato due giorni fa, il quale aumenta di un terzo la pena per chi abbandona sulla carreggiata i propri animali domestici. Se non fosse che proprio questo articolo viene abrogato dalla legge Brambilla: un cortocircuito sfuggito ai deputati di Montecitorio, su cui presumibilmente interverranno i colleghi di Palazzo Madama.
A seguire, chi organizzerà spettacoli e manifestazioni “con sevizie e strazio per gli animali” arriverà a pagare una multa massima di 30 mila euro (15 mila in più rispetto a prima), con incrementi di pena per chi organizza o partecipa a combattimenti non autorizzati (che rischiano rispettivamente fino a quattro e due anni di prigione, più la multa).
Non solo si agisce sull’assetto sanzionatorio già esistente, ma vengono creati nuovi reati ad hoc. Tipo l’articolo 544-septies che introduce per la prima volta in Italia delle pene per chi uccide o maltratta un animale a seguito di comportamenti con negligenza, imprudenza o imperizia (dunque con colpa) e senza alcuna volontà di danneggiarlo (dolo). A ciò si aggiunge il nuovo 544 octies, che incrementa le aggravanti se i fatti sono commessi alla presenza di minori, oppure “nei confronti di animali conviventi”, usando armi o nell’esercizio di un’attività commerciale.
Viene istituito anche il reato di preparazione e abbandono di esche e bocconi avvelenati – “contenenti sostanze nocive o tossiche, compresi vetri, plastiche, metalli e materiale esplodente” – in danno della salute pubblica e degli animali, punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 5 mila a 20 mila euro. E per concludere, il divieto di tenere il cane alla catena – previsto solo da alcune leggi regionali– si estende livello nazionale, accompagnato da sanzioni pecuniarie da 500 a 5 mila euro.
“Di fronte all’obiettiva gravità di certe condotte, partiti, associazioni, società civile reclamavano sanzioni più severe, più deterrenza” commenta la prima firmataria. Ma gli strumenti con cui raggiungerla sono gli stessi di solito: aumenti muscolari delle pene e reati nuovi di zecca. Oltre al forte riferimento ai casi di cronaca, (in discussione fioccano i ricordi per il “cane Angelo, torturato a morte nel Cosentino, il cane Aron, bruciato a Palermo, il gatto Leone, scuoiato vivo nel salernitano, il gatto Green ucciso a botte in Veneto”).