La rivolta degli agricoltori francesi contro il Mercosur

La Commissione potrebbe adottare il trattato di libero scambio tra l’Ue e l’America latina entro fine anno, ma il presidente Emmanuel Macron ha difeso i manifestanti e ha annunciato: “La Francia non firmerà l’accordo nella sua forma attuale”

Autostrade bloccate dai trattori, fuochi per le strade e minacce di scioperi in tutto il paese. Nel fine settimana, gli agricoltori francesi hanno dato inizio alla loro rivolta contro l’adozione del trattato di libero scambio tra l’Ue e il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay), che la Commissione europea potrebbe firmare entro fine anno, aprendo il mercato europeo alle grandi aziende agricole sudamericane. L’obiettivo della jacquerie, coordinata dal principale sindacato agricolo d’oltralpe, Fnsea, e sostenuta dalle altre organizzazioni di categoria, è evitare la firma di un accordo che, a loro detta, causerebbe “una concorrenza sleale” tra aziende francesi e sudamericane, le quali beneficiano di standard ambientali e sanitari meno severi rispetto a quelli vigenti in Ue. Nella loro battaglia, rilanciata in concomitanza col G20 in Brasile, gli agricoltori hanno il sostegno dell’intera classe politica, a partire dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Che domenica, da Buenos Aires, dopo aver incontrato il suo omologo argentino Javier Milei, ha annunciato che “la Francia non firmerà l’accordo nella sua forma attuale”. Il margine di manovra, tuttavia, è molto limitato per l’inquilino dell’Eliseo. Italia, Spagna e Germania sono favorevoli alla firma, e Macron, secondo molti osservatori, è oramai in ritardo per convincere alleati influenti a formare una minoranza di blocco. Markus Töns, deputato e relatore per la politica commerciale del principale partito di governo in Germania, Spd, ha dichiarato a Euractiv che la Francia farebbe bene a “riconsiderare urgentemente la sua posizione”, criticando il “senso di patriottismo fuori luogo” del governo francese. La crociata di Macron contro il Mercosur è legata anche al timore di rivivere una stagione di proteste come quella dei gilet gialli del 2018 e di abbandonare gli agricoltori tra le braccia di Marine Le Pen.

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