Il suo indice di gradimento è ai minimi, come testimoniano i pessimi risultati alle ultime amministrative e un ruolo da leader della sinistra latino-americana sempre più traballante. Rio potrebbe essere l’occasione per rilanciarsi
“Il mondo sta peggio rispetto al 2008”, ha detto il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva nell’inaugurare il G20 di Rio de Janeiro al Museo di Arte Moderna della città. “Ho partecipato alla prima riunione di leader del G20, convocata a Washington nel contesto della crisi finanziaria del 2008. Sedici anni dopo, constato con tristezza che il mondo sta peggio. Abbiamo il maggior numero di conflitti armati dalla Seconda guerra mondiale e la maggior quantità di spostamenti forzati mai registrata”.
“Secondo la Fao, conviviano con un contingente di 733 milioni di persone ancora denutrite. E’ come se le popolazioni di Brasile, Messico, Germania, Regno Unito, Sudafrica e Canada, assieme, stessero soffrendo la fame. Sono donne, uomini e bambini, i cui diritti alla vita, all’educazione, allo sviluppo e all’alimentazione vengono violati quotidianamente”.
In realtà, sta peggio anche Lula rispetto al 2008, quando era un leader stimato da tutto l’arco politico. E’ tornato alla presidenza, dopo essere passato per la galera. Ma il suo indice di gradimento è ai minimi, come dimostrano i pessimi risultati dei candidati da lui appoggiati alle ultime amministrative, e i sondaggi, secondo cui in un anno e mezzo la sua approvazione è crollata dal 43,7 al 35,5. Anche il suo ruolo di leader della sinistra latino-americana traballa: prima si è scontrato duramente con il cileno Gabriel Boric per difendere il venezuelano Nicolás Maduro, poi si è preso a insulti con lo stesso Maduro per non avere ancora mostrato i verbali di elezioni ormai chiaramente manipolato. Per questo motivo ha messo il veto all’ammissione del Venezuela nei Brics – dove ormai entrano tutti.
Così il G20 di Rio è stato visto da Lula come grande occasione per rilanciarsi livello nazionale e internazionale, tanto è che prima del G20 istituzionale ai potenti ha parlato a un G20 ”sociale” in cui si è scagliato contro il neo-liberalismo. Ma con le guerre in Ucraina e in medio oriente diventa difficile far dimenticare a tutti quanto giri di interessi non del tutto limpidi. In particolare, il suo fiore all’occhiello per questo appuntamento è una alleanza mondiale contro la fame e la povertà per combattere le piaghe sociali entro il 2030, in cui il Brasile si fa carico della metà dei costi amministrativi del progetto, stimati in 10 milioni di dollari. Su questo fronte c’è anche stato un successo: il liberista Javier Milei dopo aver detto che l’Argentina non vi avrebbe aderito ha fatto dietro front, pur spiegando che l’adesione all’alleanza “non implicherà l’adozione di programmi e politiche specifiche” e che seguirà “un approccio guidato dal mercato”. Poi una manifestazione di indigeni si è scagliata contro di lui e altri leader, considerandolo corresponsabile del disastro ambientale.
C’è poi la decisione della Corte penale internazionale, il cui mandato di arresto contro Putin per crimini di guerra aveva già portato il presidente russo a riconsiderare la sua partecipazione al vertice Brics in Sudafrica del 22-24 agosto 2023. In questo caso, prima Lula ha fatto sapere che Putin al G20 di Rio sarebbe potuto venire. Poi ha ammesso però che il governo non avrebbe potuto fare nulla se qualche giudice della magistratura indipendente in Brasile avesse deciso di agire. Alla fine Putin lo ha apparentemente tolto dall’imbarazzo, dicendo che non sarebbe andato perché “una mia eventuale visita rovinerebbe il lavoro del gruppo”. In pratica, però, Mosca dopo aver scatenato alla vigilia del vertice sull’Ucraina un attacco talmente duro da far decidere Biden di autorizzare Kyiv all’utilizzo in territorio russo di missili a lunga gittata Atacms, ha impedito che passasse un progetto di risoluzione finale piuttosto duro con Israele e invece blando con la Russia che il ministero degli Esteri brasiliano aveva approntato. Con una procedura insolita in un forum dove normalmente certe divergenze vengono appianate prima che vengano al pubblico, gli sherpa del G7 hanno subito comunicato il loro radicale dissenso, chiedendone una modifica.
Si attende ora di vedere come andrà a finire. Il rischio di non avere un documento finale condiviso viene considerato molto forte, anche se il ripensamento di Milei sull’alleanza globale contro fame e povertà potrebbe essere considerato per Lula un segnale positivo. Per ora, vi hanno già aderito 81 paesi, 26 organizzazioni internazionali, 9 istituzioni finanziarie e 31 tra fondazioni filantropiche e ong.