L’ex viceministra per gli Affari esteri nei governi Conte I e Conte II cede il posto di rappresentante speciale della Ue per il Sahel a João Cravinho. Tra qualche mese toccherà anche a Di Maio lasciare il suo incarico nel Golfo. E poi? Dalle nomine estensive alla fine dei giochi internazionali
Partendo dalla fine, il conto alla rovescia è cominciato: Emanuela Del Re, già viceministro contiano per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale nei governi Conte I e Conte II, cede il posto di rappresentante speciale della Ue per il Sahel a João Cravinho. Ed è un mattone verso la caduta dell’ultimo avamposto ex-post Cinque stelle in Europa: il 28 febbraio del 2025, infatti, è la data che, sul calendario Ue, segna la fine di quello che doveva essere “il periodo iniziale” da rappresentante speciale europeo per il Golfo dell’ex ministro del Lavoro e Sviluppo economico, vicepremier e poi ministro degli Esteri ex grillino Luigi Di Maio, transfuga post M5s con il suo “Impegno civico” (era stato l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell a proporre di nominare Di Maio per un periodo iniziale di 21 mesi, dal primo giugno fino al 28 febbraio del 2025). Ma, con l’arrivo della nuova Commissione, la riconferma è, dice un osservatore di sommovimenti europei, “un periodo ipotetico dell’irrealtà”, specie vista la presenza di un governo di centrodestra in Italia.
Motivo per cui ci si domanda: che farà, Di Maio, che voleva “disintossicarsi” dalla politica, pur non escludendo di poter un giorno avere una “ricaduta”? Tra gli ex di Impegno civico c’è chi lo vede “tentare una risalita da centrista”, chi pensa “che Di Maio continuerà a cercare impiego presso organismi internazionali” e chi dice: “Una volta che uno è stato inviato della Ue nel Golfo, come può accettare di tornare a cercarsi un normale lavoro?”. E se il caso Di Maio è l’ultimo atto del “fu” sogno di gloria grillino ed ex grillino (tra il 2019 e il 2022), in qualche modo ridimensionato con spedizione in Europa, forse con una sorta di “promoveatur ut amoveatur”, è invece l’ex vertice Inps Pasquale Tridico, ora europarlamentare a Cinque Stelle.
Sembra un altro mondo o la fine del mondo, per la compagine degli allora cosiddetti “amici di Di Maio”, gli uomini provenienti dalla terra dell’ex ministro del Lavoro e Sviluppo Economico (Pomigliano D’Arco e dintorni) che dal 2018 in poi erano stati nominati in posti chiave tra ministeri e partecipate. “Cerchio magico di Di Maio”, si diceva parlando per esempio di Salvatore Barca, originario di Volla, allora chiamato a ricoprire l’incarico di capo della segreteria al ministero dello Sviluppo economico, o di Dario De Falco, allora nominato capo segreteria dell’allora vicepremier. Più avanti nel tempo, mentre cresceva la rivalità interna con l’ex premier Giuseppe Conte, tra gli uomini vicini a Di Maio veniva annoverato l’ex compagno di scuola ed ex consulente al ministero, poi nominato nel cda di Leonardo, Carmine America (infine spostatosi negli Stati Uniti). Non solo: se all’Inail sedeva come vicepresidente Paolo Lazzara, professore stimato da Di Maio per la bozza del decreto sui rider, all’Anpal, Agenzia nazionale delle Politiche attive, in tempi dimaiani era arrivato al vertice Domenico “Mimmo” Parisi, anche detto “l’uomo dei navigator”.
La storia, a guardarla dall’oggi, ha del surreale: scelto da Luigi Di Maio alla guida dell’Anpal, con chiamata dall’Università del Mississippi, Parisi era l’uomo dei tremila navigator e della fantomatica app che avrebbe dovuto far incontrare domanda e offerta sul limitare del reddito di cittadinanza. E lui, il prof, con epopea annessa (figlio di ragazza madre, famiglia poverissima, orfanotrofio alle spalle, si narrava), era stato inizialmente avvistato, accanto a Davide Casaleggio e a Di Maio, per illustrare la novità avveniristica che presto avrebbe però assunto i contorni del flop. E non basta, ché venivano considerati vicini a Di Maio, tra il 2019 e il 2022, a rotazione, tra gli altri, anche i vertici dell’istituto per il Made in Italy, della Simest (ai tempi della presidenza di Pasquale Salzano), dell’Enav (con Paolo Simioni) e dell’Ice (ai tempi di Roberto Luongo). “Da oggi lo stato siamo noi”, aveva detto Di Maio nel 2018, da un palco a Cinque Stelle. Altri tempi, altre nomine. Parabola compiuta?