Make Europe Jewish Again

Una voce dalla Germania: proteggere gli ebrei è anche il nostro miglior investimento. La riflessione di Mathias Döpfner, editore della Welt tedesca, sulla Free Press

“La scorsa settimana, una folla si è scatenata per le strade di Amsterdam, tendendo imboscate e aggredendo gli ebrei” scrive l’editore della Welt tedesca, Mathias Döpfner, sulla Free Press. “Chiunque sembrasse un sostenitore della squadra di calcio israeliana Maccabi Tel Aviv è stato preso di mira da gruppi composti principalmente da giovani uomini delle comunità olandese-marocchina e olandese-turca della città. Poco prima dell’86esimo anniversario della Kristallnacht, le vittime hanno implorato i loro aggressori ‘non siamo ebrei’. Questo vergognoso episodio è solo l’ultimo esempio di antisemitismo nelle strade d’Europa. E’ la conseguenza vergognosa di una politica migratoria irresponsabile che è ugualmente ricettiva verso gli islamisti e i negazionisti dell’Olocausto. Gli incidenti violenti sono diventati più comuni dal 7 ottobre 2023 e la popolazione di ebrei europei, già in calo, è destinata a diminuire ulteriormente poiché molti ebrei nei Paesi Bassi, in Francia e nel mio paese, la Germania, stanno pensando di emigrare. Il declino, in Germania e in Europa più in generale, viene accolto con una scrollata di spalle. Tale compiacenza è vergognosa. In particolare in Germania. Il paese non potrà mai compensare la sua colpa storica, ma potrebbe contribuire a garantire che la storia non si ripeta. Non solo la Germania dovrebbe impegnarsi per convincere gli ebrei a restare, ma dovremmo anche spalancare le porte agli ebrei che vogliono trasferirsi qui.

Permettetemi di spiegare. Nel suo libro ‘Why the Germans? Why the Jews?’, lo storico tedesco Götz Aly espone come l’antisemitismo sia profondamente radicato in un’invidia distruttiva. Descrive come, per secoli, le persone non solo siano state invidiose dei successi esteriori degli ebrei, ma anche di qualcosa di profondo e antico: una cultura, una religione, una storia che ha continuato a esistere per millenni. ‘La persona invidiosa’, suppone Aly, ‘cerca sempre un capro espiatorio’. La domanda inquietante che pone è: ‘Si può essere invidiosi di qualcuno che si disprezza?’. Gli ebrei venivano vilipesi come ‘senza radici’, sebbene possedessero esattamente ciò che i tedeschi stavano cercando: un’identità e una storia chiare. L’invidia, ancora una volta, è una delle principali cause profonde della diffusione globale dell’antisemitismo islamista. Ciò che sappiamo dalla dolorosa storia della Germania è che quando l’invidia antisemita e l’invidia del successo diventano lo Zeitgeist dominante, ostacolano la conoscenza, la ricchezza e il progresso. E producono, invece, delusione, povertà e regressione. Ciò che inevitabilmente accade è l’opposto della meritocrazia: ‘ineptocrazia’, ​​o il governo dei meno capaci. L’invidia come rallentatore del successo e dell’eccellenza non è affatto un fenomeno tedesco. Ma è diffusa in Germania e viva con un vigore quasi masochistico. E chiunque tenga al futuro di questo paese e dell’Europa dovrebbe preoccuparsi di sconfiggerla.

La Germania potrebbe cambiare lo status quo, e sorprendere il mondo, con una mossa al tempo stesso altruistica e nel suo stesso interesse: approvare una legge che dia la naturalizzazione preferenziale agli immigrati ebrei. Questo gesto concreto darebbe una credibilità tanto necessaria a tutti i sermoni dei politici tedeschi in risposta all’aumento dell’antisemitismo che ha seguito il 7 ottobre: ​​sermoni su come la vita ebraica faccia parte della cultura tedesca e su come l’antisemitismo non abbia posto in Germania. Ridurrebbe il divario considerevole che esiste tra parole e fatti. Ma la Germania si farebbe anche un favore. Mentre il mondo diventa sempre più antisemita, la Germania potrebbe attrarre i più grandi talenti nel mondo degli affari, della scienza, delle arti e della tecnologia. Ciò manderebbe un segnale contro l’antisemitismo a livello globale e sarebbe anche un programma estremamente efficace per aumentare il benessere e la prosperità dei tedeschi. Se il Meclemburgo-Pomerania Anteriore, uno stato federale nell’Est grande quanto Israele, diventasse un’area di immigrazione preferita per i migranti ebrei, scommetterei che in dieci anni avrebbe alcune delle migliori università, la più grande densità di start-up, la disoccupazione più bassa e il reddito pro capite più alto del paese. In breve, diventerebbe il ‘paesaggio fiorente’ che Helmut Kohl sognava per la Germania dell’Est. Al momento, non si parla di un’ondata di immigrati ebrei. Nel complesso, i numeri sono stabili, ma sempre più persone stanno pensando di lasciare la Germania. E non è difficile capire perché. Sono sempre più scossi e spaventati dalla tolleranza del paese per l’intolleranza islamista. Di fronte a politiche di immigrazione fallimentari, gli ebrei si sentono sempre più insicuri e indesiderati in Germania. Non solo l’islam, ma l’islamismo, ha invaso il paese, e con esso, un violento antisemitismo. I dimostranti anti-israeliani bruciano bandiere israeliane e gridano ‘morte agli ebrei’ nelle strade tedesche, e persone che indossano una kippah o una stella di David sono state attaccate in pubblico. Eventi simili a pogrom, come quello di Amsterdam, sembrano sempre più probabili. Di recente, un sopravvissuto all’attacco di Hamas del 7 ottobre in Israele ha dichiarato pubblicamente: ‘In Germania, è il 6 ottobre’. Corriamo il rischio che questo sia il vergognoso capitolo finale della storia ebraico-tedesca. Per evitare che ciò accada, abbiamo bisogno di qualcosa di più della pietà.

Ci sono precedenti nella storia e in altri paesi per il programma che sto proponendo. Israele ha la ‘legge del Ritorno’, che consente a tutti gli ebrei del mondo di entrare nel paese e ottenere immediatamente la cittadinanza. Gli Stati Uniti hanno l’emendamento Lautenberg del 1989, che facilita l’immigrazione di ebrei e altre minoranze religiose dall’ex Unione Sovietica. E persino la Germania ha una disposizione simile. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, molti ebrei negli stati dell’ex Urss furono sempre più soggetti all’antisemitismo, spingendo molti di loro a emigrare. Anche la Germania divenne una destinazione popolare dopo aver sviluppato un programma speciale nel 1991 per gli immigrati ebrei. Alcuni potrebbero chiedersi: perché gli ebrei dovrebbero ricevere questo tipo di trattamento speciale? Ci sono tre ragioni evidenti. La storia della Germania, il genocidio di sei milioni di ebrei e la più recente esplosione di antisemitismo conferiscono alla Germania delle responsabilità speciali. La Germania non può annullare la storia, ma può aiutare a impedire che la storia si ripeta. Il numero di islamisti radicali continua a crescere in Germania. Un certo equilibrio contrastante dimostrerebbe ciò che è presumibilmente definito nella nostra costituzione: tolleranza e diversità. L’islam è da tempo una parte de facto della Germania. Ma lo è anche l’ebraismo. Un programma del genere ci aiuterebbe anche a dichiarare chiaramente che ci stiamo allontanando dalla nostra attuale politica di immigrazione sostanzialmente senza restrizioni, a favore di una politica di immigrazione che serva al meglio gli interessi della Germania. In parole povere, i criteri generali potrebbero essere i seguenti: chiunque affronti una grave minaccia esistenziale o possa contribuire in modo significativo alla Germania, può venire in Germania. Questo è il modo più efficace per prevenire la xenofobia strutturale. Nel caso degli immigrati ebrei, le prove provenienti da tutto il mondo dimostrano chiaramente che la Germania trarrebbe beneficio dall’immigrazione ebraica.

Dopo la sua liberazione dal campo di concentramento di Theresienstadt nel 1945, il rabbino Leo Baeck scrisse: ‘Un’epoca nella storia è finita per noi ebrei in Germania… Credevamo che lo spirito tedesco ed ebraico potessero incontrarsi sul suolo tedesco e, attraverso il loro matrimonio, potessero diventare una benedizione. Questa era un’illusione: l’epoca degli ebrei in Germania è finita una volta per tutte’. Sarebbe uno dei più grandi successi della storia dimostrare che questo grande uomo si sbagliava. Perché la Germania della simbiosi tedesco-ebraica, il periodo di massimo splendore culturale ed economico tra il 1871 e il 1933, era la migliore Germania mai esistita. Il trionfo, ancora una volta, dell’antisemitismo in questo paese significherebbe il nostro suicidio collettivo. Perché coloro che odiano e combattono gli ebrei finiscono sempre per odiare e combattere sé stessi. La Germania deve evitare questo destino ed evitare di diventare una zona vietata per gli ebrei. Piuttosto, dovrebbe diventare la patria della prosperità ebraica. I coraggiosi politici tedeschi dovrebbero dimostrare che Baeck ha torto nel Ventunesimo secolo. Dobbiamo rendere la Germania di nuovo più ebraica. L’unico problema di cui potremmo allora preoccuparci è: e se non venisse nessuno?”.

(Traduzione di Giulio Meotti)

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.