Nella vittoria contro il Belgio, a segnare il gol per Israele è stato Yarden Shua, ebreo israeliano, su assist di Dia Saba, musulmano israeliano. L’allenatore Ran Ben Shimon: “Ho una squadra eccezionale”
La partita tanto attesa e giocata in Ungheria anziché a Bruxelles, perché il comune brussellese non se la sentiva di ospitare Israele contro Belgio, è finita sul gol dell’esordiente israeliano Yarden Shua all’86esimo. Non abbastanza per Israele per evitare la retrocessione dalla massima serie della Nations League. L’allenatore Ran Ben Shimon, parlando del “grande orgoglio” per il risultato, ha detto che Israele ha “una squadra eccezionale”.
Di eccezionale in questo caso c’è anche che a segnare il gol è un ebreo israeliano, Yarden Shua, su passaggio di Dia Saba, un musulmano israeliano. Troppa grazia per la squadra dell’apartheid. Un po’ come Samer Haj Yehia, l’arabo che è amministratore delegato di Bank Leumi, la più grande banca del paese. O Reda Masarwa, l’arabo vicepresidente di Intel Israel. E George Karra, il giudice arabo cristiano che siede nel massimo organo giudiziario d’Israele, la Corte Suprema. O i quattordici parlamentari arabi nella Knesset d’Israele. O le città d’Israele dove non si distingue un cittadino ebreo da uno arabo: Haifa, Lod, Acco, Giaffa, Ramle e Gerusalemme.
L’unica apartheid è quella che hanno in testa gli odiatori seriali d’Israele. Per dirla con Khaled Abu Toameh, giornalista arabo israeliano: “Se Israele fosse uno stato di apartheid a me non sarebbe permesso lavorare per un quotidiano ebraico o vivere in un quartiere ebraico o possedere una casa. Il vero apartheid è in Libano dove c’è una legge che vieta ai palestinesi di lavorare in più di cinquanta professioni. Riuscite a immaginare se la Knesset approvasse una legge che vietasse agli arabi di lavorare anche solo in una professione? Il vero apartheid è in molti paesi arabi e musulmani come il Kuwait dove a un mio zio palestinese, che vive lì da 35 anni, è proibito comprare una casa. La legge in Israele non fa distinzione fra ebrei e arabi”. Neanche fra un giocatore ebreo e uno musulmano. La palla è pur sempre rotonda.