La pandemia che non vogliamo vedere: quella dei batteri resistenti ai farmaci

I numeri dell’ultimo rapporto del Centro europeo per il controllo delle malattie sono preoccupanti. Per questo servirà una migliore appropriatezza prescrittiva da parte dei medici, ma anche un uso più consapevole e responsabile degli antibiotici da parte dei cittadini

I batteri resistenti ai farmaci sono destinati a diventare, entro il 2050, la prima causa di morte in Italia, superando persino i tumori. In Europa ogni anno si verificano più di 670 mila infezioni da batteri resistenti agli antibiotici (Amr), che causano oltre 35 mila decessi, di cui quasi un terzo in Italia che risulta così essere il primo paese a livello europeo. Quanto emerge dall’ultimo rapporto di sorveglianza del fenomeno pubblicato oggi dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) in occasione della Giornata europea per la lotta all’antibiotico-resistenza, non fa che confermare un dato ormai consolidato. A novembre dello scorso anno l’Ocse ribadiva come l’antibiotico-resistenza si dovesse considerare una delle minacce più pressanti per la salute pubblica: “Ha il potenziale per provocare gravi danni alla salute e all’economia su scala globale”. L’Ocse stimava per Turchia e Italia i tassi di mortalità da Amr più elevati da qui al 2050. I risultati mostravano anche che il costo annuale di questo fenomeno per i paesi dovrebbe essere in media di circa 28,9 miliardi di dollari a parità di potere d’acquisto fino al 2050. Inoltre, la resistenza antimicrobica comporterà perdite in termini di produttività lavorativa, che dovrebbero ammontare a 36,9 miliardi di dollari.
Al G7 Salute ospitato dall’Italia lo scorso ottobre, il ministro della Salute Orazio Schillaci aveva parlato non a caso di “una emergenza globale”, “la vera pandemia” contro la quale l’Italia metterà in campo 21 milioni di euro. Il finanziamento annunciato sarà a favore di “Carb-X, una partnership globale senza scopo di lucro che sostiene lo sviluppo di nuovi antibiotici”. Per correggere il tiro l’Ecdc nel suo ultimo rapporto ha fissato degli obiettivi anche per l’Italia da conseguire da qui al 2030: a partire dalla riduzione del 18 per cento del consumo di antibiotici a uso umano. Per questo servirà una migliore appropriatezza prescrittiva da parte dei medici, ma anche un uso più consapevole e responsabile degli antibiotici da parte dei cittadini. Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte per tamponare un’emergenza già in atto.

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