Come è cambiata la percezione di Twitter: da strumento di libertà a covo di estremisti di destra. E se abbandonare il proprio profilo oggi è una forma di protesta, la tendenza a scegliere il proprio medium in base all’orientamento politico sarà sempre più forte
La giudice Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, l’europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo, il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani e anche Piero Pelù con Elio e le Storie tese lasciano X, il social di Elon Musk, accusandolo di essere un mezzo di propaganda dell’estrema destra. E’ probabile che il multimiliardario stellare non se ne stia facendo un grosso cruccio – magari qualche pensiero in più potranno darglielo l’abbandono dello storico Guardian e quello, analogo, de Lavanguardia, templi del giornalismo progressista britannico e catalano e diverse stelle hollywoodiane, con il loro carico di follower – ma questi addii hanno un senso più profondo della polemica politica quotidiana, sono i primi evidenti segnali pubblici di una tendenza già in atto da tempo nel mondo della comunicazione social: la diversificazione delle piattaforme, del loro uso e dei loro contenuti.
Bei tempi quando la piattaforma si chiamava ancora Twitter e ogni cinguettio sembrava un anelito di libertà nel corso delle cosiddette rivoluzioni arabe. Un coro di osanna accompagnò i protagonisti di quella stagione, la caduta di Mubarak, e lo straordinario social con l’uccellino. Poi i cantori scoprirono che i rivoltosi erano più fanatici dei loro governanti e che per capire quello che stava succedendo in quella parte di mondo serviva qualcosa di più delle suggestioni emozionali di Twitter, come ben scrisse Henry Kissinger nel suo ‘Ordine Mondiale’. Gli anni che son passati hanno trasformato la percezione di Twitter da strumento di libertà a covo di estremisti di destra.
Il primo social ad avere una certa diffusione fu Six Degrees, ispirato alla teoria dei ‘sei gradi di separazione’ che fu attivo dal 1997 al 2000, il boom arrivò con Facebook, fondato nel 2004 da Mark Zuckemberg, poi con Twitter nel 2006 da un’intuizione di Jack Dorsey, Biz Stone, Evan Williams e Noah Glass. Lo sviluppo di queste due piattaforme fu enorme, dopo il 2010 già si contava più di un miliardo di utenti su Facebook. Una diffusione planetaria che ne fece lievitare il valore oltre i cento miliardi di dollari. Il primo gigante social. Oggi i numeri sono impressionanti: Facebook resta il più popolare con oltre 2,9 miliardi di utenti attivi mensili; YouTube, WhatsApp e Instagram hanno ciascuno, più di 2 miliardi di utenti registrati; TikTok ha superato il miliardo, X circa 450 milioni. WeChat, molto utilizzato in Cina, oltre 1,2 miliardi di utenti. Una rete con un potere di connessione potentissimo, mai raggiunto nella storia, e, soprattutto, in rapidissima e continua evoluzione, con nuovi attori che si affacciano sulla scena mentre politica e istituzioni faticano a tenere il passo.
Lo stesso Donald Trump, attivissimo sui social, ha avuto con alcune piattaforme un rapporto altalenante: dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, infatti, i suoi account Facebook e Twitter furono sospesi e l’allora ex presidente creò la propria piattaforma per comunicare direttamente e senza alcuna mediazione con i suoi seguaci: Truth Social. Nel novembre 2022 tornò su Twitter, a febbraio 2023 Meta sbloccò i suoi account Facebook e Instagram. Un esempio del rapporto attivo e bidirezionale che lega le persone ai social. E anche dell’irruzione di una nuova possibilità: scegliere il mezzo da utilizzare per comunicare, informare, informarsi, andando a rafforzare la teoria delle eco chambers, le camere dell’eco, secondo cui le persone con interessi simili condividono le stesse fonti di informazione e le stesse notizie radicalizzando sempre di più il proprio pensiero.
La destra americana, infatti, per promuovere il proprio messaggio ha scelto strategicamente i social con meno controlli e meno vincoli, ancor più permeabili all’uso di fake, per sostenere tesi all’inizio fortemente minoritarie, poi diventate quasi senso comune per gli elettori repubblicani. Per la diffusione di questo pensiero radicale, spesso razzista e xenofobo, sono stati utilizzati 4chan, Gab, Reddit, tanto per citare i principali. Social privi o quasi di moderazione, dai contenuti spesso estremi e violenti, straordinariamente efficaci per operazioni di disinformazione, all’interno dei quali è nata e si è diffusa la subcultura complottista di QAnon. L’estrema destra americana ha fatto scuola, dunque, ma non siamo alla fine della storia dei social, anzi, siamo appena all’inizio di una fase di transizione che determinerà un nuovo modo di comunicare, auspicabilmente con nuove regole.
In questi giorni lasciare X è una forma di protesta politica, ma la tendenza di scegliere il proprio medium in base all’orientamento politico sarà sempre più forte, così come la diversificazione dell’offerta anche in base alle nuove tecnologie, intelligenza artificiale e realtà aumentata in primis, ai diversi contenuti – generalisti, politica, sport, divertimento, cinema – al tipo di linguaggi – scritto, video, podcast – e agli equilibri internazionali – oggi in Occidente tutti possono usare il cinese TikTok, ma nel ‘Paese di Mezzo’ non si possono usare i social americani ed europei. Chi ha lasciato X oggi, domani troverà nuovi media, nasceranno, c’è da scommetterci, nuovi social, in un mercato sempre più plurale e globale.