Il numero uno al mondo porta a casa il primo Master di fine anno della sua carriera. “Non c’è posto migliore per chiudere questa stagione”. Il torneo resterà in Italia fino al 2030
Era già tutto previsto. Quasi noioso. Tra colpi che somigliavano a “comodini” e “frigoriferi” (copyright Paolo Bertolucci), Jannik Sinner ha vinto le Atp Finals a Torino. Anche nel Master di fine anno è riuscito a migliorarsi rispetto all’anno scorso, quando aveva perso in finale da Novak Djokovic. Ai gironi aveva sconfitto Taylor Fritz con il punteggio di 6-4 6-4. S’è ripetuto con lo stesso identico punteggio e più o meno le stesse dinamiche di gioco. Non fosse che davanti, l’altoatesino, aveva una versione premium dell’americano, tutto servizi e intensità con inedita capacità di tenuta da fondo campo. Il tutto in spregio delle statistiche che suggerivano come nel 60 per cento dei precedenti chi aveva vinto durante i round robin perdesse in finale (successe anche lo scorso anno proprio a Sinner contro Nole). Sinner batte anche le leggi della probabilità. I punti di svolta sono stati il 3 pari del primo set e il 2 pari del secondo. La chiave, as usual, è stata la risposta: anche le Finals mettono Sinner in testa ai risponditori del tennis mondiale. Con un servizio che pure ha funzionato alla perfezione: 14 ace, quasi il doppio dell’avversario.
E quindi dopo l’Australian Open, lo Us Open, tre titoli Master 1000, due titoli 500, il numero uno del ranking da inizio giugno, il nostro si porta a casa anche il torneo di fine anno tra i migliori otto giocatori del mondo. In una stagione con 70 vittorie e solo sei sconfitte. E lo fa senza perdere un solo set. L’ultimo che vi era riuscito era Ivan Lendl nel 1986. Mentre gli unici altri due che avevano vinto i due slam sul duro e le finals nella stessa stagione erano stati Roger Federer e ancora il serbo Novak Dokovic: una compagnia niente male.
“Non c’è posto migliore di questo per finire la stagione. Rispetto allo scorso anno, l’emozione è un po’ diversa“, ha detto il nostro durante la cerimonia di premiazione. Aggiungendo, dopo essere andato ad abbraciare il suo team e la sua famiglia, che “il lavoro per migliorarsi non finisce mai. C’è ancora margine”. E in effetti in Sinner c’è già la convizione che si possa aggiungere un ultimo tassello a un anno del genere: la riconferma della Coppa Davis, con l’Italia che tenterà di difendere il titolo a Malaga la prossima settimana (e dove potrebbe esserci il terzo confronto in pochi giorni tra Sinner e Fritz).
Sinner ha vinto in Italia, dopo che a maggio aveva saltato gli Internazionali a Roma per infortunio. E c’era già chi mugugnava per l’antitalianità e lo scarso attaccamento al tricolore. Potrà provarci almeno altre sei volte, perché il presidente dell’Atp Andrea Gaudenzi e il presidente della Fitp Angelo Binaghi hanno annunciato che le Finals resteranno in Italia fino al 2030. Anche Sinner s’è congratulato per “il gran lavoro che avete fatto”. Non c’è molto altro da aggiungere, forse solo la noia piacevole di aver vissuto i gironi, la semifinale, la finale, con la sensazione che non ci fossero giocatori in grado di mettere davvero alle strette il nostro. S’è vista l’accoglienza di Sinner a Torino (già progettano di dargli la cittadinanza onoraria), le due settimane cominciate in epoca di Club to Club con i bagni di folla davanti all’albergo “Principi di Piemonte”, la bellezza austera di una città che sembra in perfetta sintonia con il campione del tennis mondiale. Era già tutto previsto. E va benissimo così.