E se il colpo dato all’autonomia fosse una buona notizia per Meloni?

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Oggi disponiamo di dati più precisi sul voto negli Stati Uniti. Lo stato di New York, da sempre roccaforte dei democratici, ha visto un’ascesa impressionante dei repubblicani. Harris ha staccato di novecentomila voti Trump, mentre Obama, Hillary Clinton e Biden avevano sempre mantenuto un vantaggio non inferiore ai due milioni di voti. Un discorso analogo si potrebbe fare per la California e la città di San Francisco. Devo quindi fare ammenda. Non avrei infatti mai immaginato che uno dei presidenti più divisivi della storia americana sarebbe riuscito a unire il “bifolco dell’Ohio” con il cittadino colto, tutto diritti civili, di Manhattan. In altre parole, come ha scritto Pietro Molteni sul blog “Inoltre”, il capolavoro politico di Trump è stato quello di aver saldato il repertorio di un aggressivo conservatorismo con la promessa di un boom tecnologico – garantito dal genio di Elon Musk – potenzialmente illimitato. Un combinato disposto che, visto anche il team di governo scelto dal tycoon, rischia di mettere a dura prova la tenuta della democrazia statunitense e delle sue relazioni con l’Europa. Un’Europa sempre più imbambolata, fragile, divisa, litigiosa, che ha risposto al Rapporto Draghi – l’unica proposta in campo per scuoterla dal suo torpore – come risponde al professore l’alunno annoiato che si rifiuta di fare i compiti a casa. Mala tempora currunt, sed peiora parantur.

Michele Magno

Sempre per volerci confondere le idee. Il Michigan ospita la più grande popolazione di arabi, musulmani e palestinesi degli Stati Uniti: circa 200.000 persone. Trump in Michigan, uno degli stati potenzialmente in bilico, ha vinto con 80.618 voti. Di questi, 50.332 sono arrivati da Dearborn, Dearborn Heights e Hamtramck, che sono città in gran parte dominate da elettori arabi, molti dei quali nel 2020 hanno votato per Biden e molti dei quali ora hanno votato per il candidato più amato da Israele e meno amato dai pro Pal. Trump, naturalmente. Timeo trumpianos et dona ferentes.


Al direttore – Ciò che viene riferito a proposito di una presunta soddisfazione della premier perché con la sentenza della Consulta sull’autonomia regionale differenziata si finirebbe con l’evitare il referendum non è credibile sia perché richiamerebbe alla memoria la famosa gag di Totò che prende schiaffi ma è contento perché non è Pasquale, che dovrebbe essere il destinatario della bastonatura, sia perché non è affatto escluso che si possa tenere il referendum, almeno uno di quelli previsti. Se si pensasse che il referendum in questione può avere un effetto ultrattivo sui votanti, sarebbe peggio perché si temerebbe una estesa perdita di consensi che avrebbe una ricaduta generale. In ogni caso, è bene attendere il testo della sentenza della Corte che, come anticipato e a differenza di quel che ritengono esponenti della Lega, si profila come un colpo molto duro anche all’impianto della legge. Timeo salvinos et dona ferentes.

Angelo De Mattia

E invece penso che vedere azzoppata una legge che a Meloni interessava poco e vedere come meno probabile un referendum che a Meloni avrebbe potuto dare fastidio sia una notizia niente male per Palazzo Chigi.


Al direttore – In questi tempi di spaccio dell’antifascismo in assenza di fascismo c’è solo da sperare che l’opposizione non arrivi ad accusare Giorgia Meloni di aver infilato fin dentro la Corte costituzionale qualcuna delle “camicie nere” inviate dal governo a Bologna, come da puntuale allarme preelettorale lanciato dal sindaco di quella città Matteo Lepore. Sarebbe, in verità, un sospetto più che fondato dal momento che la sostanziale demolizione da parte della Consulta della sciagurata legge sull’autonomia differenziata, figlia dell’ancor più sciagurata riforma del Titolo V, fa tirare un sospiro di sollievo alla presidente del Consiglio, che quella norma l’ha più subita che voluta, mentre getta nello sconforto quanti puntano sulla celebrazione – improbabile a questo punto – del referendum abrogativo per resuscitare il campo largo. Ma è un sospetto rafforzato anche dalla circostanza che ora il Parlamento potrà e dovrà muoversi nel solco tracciato dai giudici, con buona pace dei propositi di rivincita dei leghisti. L’apporto delle “camicie nere costituzionali” ha funzionato anche contro di loro. E la sintesi è semplice: meglio federali che federalisti, meglio fascisti che sfascisti, meglio W il Duce che W il Doge.

Mario Landolfi

Sic transit gloria Calderoli.

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