Gli studi condotti sugli ulivi in Salento e sul Prunus in Florida mostrano che la selezione di germoplasma resistente non solo è efficace, ma potrebbe rappresentare un approccio universale per sviluppare colture più resilienti al batterio
Nel 2013, il Salento in Puglia fu colpito da una catastrofica epidemia causata da Xylella fastidiosa, un batterio fitopatogeno che infetta il sistema xilematico delle piante, bloccando il flusso di acqua e nutrienti e causando la sindrome del disseccamento rapido dell’olivo (OQDS). Questa crisi ha trasformato profondamente il paesaggio pugliese, distruggendo milioni di alberi e causando ingenti danni economici e culturali. La rapida diffusione dell’infezione fu facilitata dalle condizioni climatiche favorevoli, dalla vulnerabilità delle cultivar locali come Cellina di Nardò e Ogliarola salentina, e dalla presenza del vettore, la sputacchina (Philaenus spumarius). Di fronte a questa devastazione, la comunità scientifica ha da tempo cercato rimedi.
Mentre le grida dei complottisti e dei venditori di rimedi magici sembrano oggi meno rilevanti, i ricercatori hanno continuato a lavorare alacremente, così che recentemente sono stati pubblicati degli interessantissimi risultati in un articolo su Frontiers in Plant Science, in cui gli autori hanno analizzato 171 genotipi spontanei di ulivo esposti a una pressione di inoculo elevata, cercando segni di resistenza genetica al patogeno. La ricerca è stata portata avanti dall’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR, dal CREA, dall’Università degli Studi di Perugia e dal Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura “Basile Caramia” di Locorotondo, in collaborazione con Giovanni Melcarne, agronomo e produttore olivicolo, che ha svolto un ruolo pionieristico nell’approccio di selezione del germoplasma resistente, supportando l’identificazione e la valorizzazione di individui resistenti sul campo.
Lo studio ha prodotto risultati incoraggianti, identificando nella cultivar Leccino un candidato promettente per la resistenza. Circa il 67% della progenie derivata dal Leccino ha mostrato fenotipi resistenti o tolleranti, a differenza delle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola salentina, le cui progenie sono risultate per lo più suscettibili. Questo risultato suggerisce che il Leccino possiede tratti genetici favorevoli che possono essere ereditati in modo efficace, fornendo una base solida per il miglioramento genetico. Particolarmente rilevante è stato il comportamento del genotipo S105, un ibrido di Leccino e Cipressino, che ha mostrato capacità difensive superiori, limitando efficacemente la diffusione del batterio nei vasi xilematici. Le analisi trascrittomiche hanno rivelato che il genotipo S105 regola l’espressione di geni chiave coinvolti nella stabilità della parete cellulare, nella fotosintesi e nelle risposte agli stress biotici, come le infezioni da patogeni. Questo permette alla pianta di mantenere la funzionalità del sistema vascolare, assicurando il corretto flusso di acqua e nutrienti, e di ridurre l’impatto fisiologico dell’infezione, garantendo così una resilienza notevole anche in condizioni di alta pressione infettiva.
Inoltre, il genotipo S105 ha dimostrato una serie di risposte difensive complesse e ben orchestrate. Tra queste risposte, la regolazione di recettori chinasi associati alla parete cellulare (RLK) gioca un ruolo fondamentale, poiché consente alla pianta di riconoscere rapidamente l’invasione del patogeno e attivare immediatamente le difese necessarie. La produzione di proteine di difesa specifiche, come le proteine PR (Pathogenesis-Related), è stata osservata come parte di questa risposta, così come la modulazione dell’attività di enzimi antiossidanti che aiutano a mitigare il danno ossidativo causato dallo stress patogeno. Questo è particolarmente importante perché lo stress ossidativo rappresenta uno dei principali danni secondari che compromettono la vitalità della pianta durante l’infezione.
Un altro aspetto chiave emerso dalle analisi è l’importanza della regolazione degli ormoni vegetali, come l’acido salicilico e l’acido jasmonico, entrambi noti per controllare le difese contro i patogeni in diverse specie vegetali. La capacità del genotipo S105 di modulare efficacemente questi ormoni potrebbe essere determinante per garantire la tolleranza coordinata ed efficiente nei confronti dell’infezione batterica.
La combinazione di questi fattori consente una difesa articolata e multifattoriale, che permette alla pianta di non solo sopravvivere, ma di mantenere una buona funzionalità fisiologica nonostante la presenza del patogeno. Questi risultati suggeriscono che l’approccio basato sulla selezione di genotipi resistenti, come il S105, rappresenta una strategia promettente per sviluppare nuove cultivar di olivo che possano affrontare con successo l’infezione da Xylella fastidiosa, riducendo così la necessità di interventi chimici e contribuendo a una gestione sostenibile delle risorse agricole.
Parallelamente, un’indagine del tutto indipendente è stata condotta sulle specie del genere Prunus in Florida, un altro territorio in cui Xylella fastidiosa rappresenta una seria minaccia. Questa recente epidemia, sebbene diversa in scala e in dinamica, ha colpito alberi da frutto come mandorli, albicocchi, ciliegi, peschi e prugni, causando danni significativi. Il gruppo di ricercatori che ha condotto lo studio, guidato da Gabriel O. Matsumoto, Vicente J. Febres e Philip F. Harmon, dell’Università della Florida, Dipartimento di Scienze Orticole e Dipartimento di Patologia delle Piante, ha esaminato 43 individui appartenenti a diverse specie e ibridi di Prunus, esposti a infezioni naturali per un periodo variabile dai 4 agli 11 anni. Gli alberi sono stati monitorati attentamente per valutare la presenza del batterio e la comparsa di sintomi, quali scottatura delle foglie, riduzione della vigoria e disseccamento dei rami. Più del 65% degli alberi ha testato positivo per Xylella, mostrando diversi gradi di suscettibilità.
Tuttavia, alcuni genotipi, come P. mume, hanno mostrato una notevole resistenza sul campo, rimanendo per lo più asintomatici nonostante la pressione infettiva elevata e continuando a mantenere una buona produttività. Gli alberi resistenti sono stati caratterizzati da una ridotta colonizzazione del batterio nei tessuti xilematici e da una capacità di mantenere una funzionalità vascolare stabile, suggerendo l’esistenza di barriere fisiche o biochimiche che limitano la diffusione del patogeno. Questi risultati indicano che la resistenza osservata potrebbe essere legata anche nel caso di Prunus, come nell’ulivo, meccanismi multipli, inclusi adattamenti strutturali nei vasi xilematici e risposte fisiologiche atte a mitigare l’impatto del patogeno. L’approccio sistematico e il monitoraggio a lungo termine hanno permesso di raccogliere informazioni cruciali sulla variabilità genetica nella risposta a Xylella, ponendo le basi per ulteriori programmi di miglioramento genetico e selezione.
Nonostante i due studi abbiano affrontato Xylella fastidiosa in contesti e su specie completamente diversi, ci sono importanti similitudini nei meccanismi di resistenza. In entrambe le ricerche, le piante resistenti hanno dimostrato la capacità di limitare la diffusione del batterio nei vasi xilematici, mantenendo bassa la carica batterica e preservando la funzionalità del sistema vascolare, un elemento cruciale per la sopravvivenza e la salute delle piante infette. Inoltre, entrambe le ricerche hanno evidenziato che la selezione di individui con caratteristiche di resistenza intrinseca è una strategia efficace per contrastare la diffusione della malattia. Le osservazioni sul comportamento delle piante resistenti suggeriscono che la capacità di mantenere la funzionalità del sistema vascolare e ridurre l’impatto fisiologico del patogeno sia un tratto condiviso. Questo indica che, sebbene le specie coinvolte siano diverse, i principi alla base della resistenza potrebbero essere simili e applicabili su larga scala.
Ciò che emerge con chiarezza da entrambi gli studi è l’importanza cruciale della selezione di genotipi resistenti come strategia per contrastare l’infezione da Xylella fastidiosa. La capacità di individuare e valorizzare individui naturalmente resistenti offre una soluzione promettente per limitare l’impatto della malattia, sia negli ulivi sia nelle specie di Prunus. Le due ricerche, condotte su specie e in contesti molto diversi, mostrano che la selezione di germoplasma resistente non solo è efficace, ma potrebbe rappresentare un approccio universale per sviluppare colture più resilienti e garantire una gestione sostenibile delle malattie fitopatologiche. E mostrano, soprattutto, che solo lo studio paziente ed attento degli scienziati può produrre risultati concreti, quando si tratti di contenere una piaga secolare, in espansione in tutto il mondo, come è Xylella fastidiosa.