I nomi che circolano della possibile futura Amministrazione, per ora mostrano tante sparate e un solo elemento di sostanza. Israele durante il primo incontro con Biden
Alexander Trupanov è ancora vivo. Il Jihad islamico, il gruppo terrorista che assieme a Hamas ha partecipato all’attacco del 7 ottobre, ha pubblicato un video del ragazzo di origine russa, rapito assieme a sua nonna, sua madre, alla sua fidanzata, liberate durante la tregua dello scorso anno. Il video non è diverso da quelli pubblicati finora dai terroristi, meno studiato rispetto ai filmati realizzati da Hamas, ma il contenuto non cambia: Trupanov chiede agli israeliani di andare in piazza e protestare, ammonisce i suoi connazionali di ricordarsi, ogni volta che mangiano o bevono, che gli ostaggi non hanno né cibo né acqua; racconta di avere una malattia della pelle a causa delle condizioni igieniche terribili, dice di avere paura di Tsahal, per i bombardamenti dell’esercito israeliano. Alexander è prigioniero da quattrocentoquattro giorni, nella Striscia di Gaza sono rimasti circa cento ostaggi, più di trenta sono sicuramente morti, e gli ultimi tentativi di stipulare un accordo tra Israele e Hamas sono stati vani. I terroristi vogliono continuare a controllare la Striscia dopo la fine della guerra, e lo stato ebraico non è disposto ad avere lungo i suoi confini un territorio amministrato dal gruppo che ha orchestrato un attacco dell’entità del 7 ottobre. Il presidente americano, Joe Biden, ha cercato di ottenere un accordo prima delle elezioni negli Stati Uniti. Non c’è riuscito, ora sta tentando di spingere per un accordo prima dello scadere del suo mandato, ma il ritiro dal tavolo negoziale del Qatar rende le trattative ancora più complicate. Sarà, con molte probabilità, Donald Trump a dover gestire un nuovo negoziato e ieri, durante il primo incontro con Biden alla Casa Bianca per parlare della transizione, parte della conversazione è stata dedicata al medio oriente. Biden ha accolto Trump con un non scontato “Welcome back”, Trump ha assicurato che la transizione sarà il più liscia possibile. Sul medio oriente, le due Amministrazioni non hanno molto che le divida, Biden ha assicurato a Israele un aiuto costante, una solidarietà continua e duratura nonostante le pressioni che riceveva dal suo stesso partito. Trump nel suo primo mandato ha preso decisioni impopolari a favore di Israele ma, contrariamente ai democratici, tra i repubblicani, lo stato ebraico è un argomento che non divide. Anche Trump vuole un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e ha detto al premier israeliano Benjamin Netanyahu che la guerra dovrà finire per il suo arrivo alla Casa Bianca. Il tempo che rimane non è molto per ottenere un accordo, Tsahal continua a combattere, sia nella Striscia sia in Libano, e la domanda è sempre la stessa: quale sarà l’ultimo obiettivo?
Le prime possibili nomine della futura Amministrazione Trump non si scostano dalla linea filoisraeliana del presidente rieletto. Marco Rubio e Michael Waltz, i cui nomi circolano come segretario di stato e per la Sicurezza nazionale, sono favorevoli a una politica dura contro la Repubblica islamica dell’Iran e hanno espresso le loro posizioni a favore di Israele. Rubio ha detto che non si batterà mai per un cessate il fuoco perché Hamas è l’unico da accusare per la morte dei civili. Ieri è stato presentato anche il candidato per il Pentagono ed è stato fatto il nome di Pete Hegseth, anche lui un falco agguerrito contro l’Iran: “E’ come se lo Stato islamico controllasse uno stato intero in versione sciita. Hanno un loro califfato, vogliono esportarlo”, ha detto il soldato-giornalista di Fox News, primo a intervistare Netanyahu per un’emittente non israeliana, contrario a un accordo sul nucleare con Teheran e favorevole al bombardamento delle strutture energetiche iraniane fino a quando il regime non sarà o crollato o avrà definitivamente rinunciato al suo programma nucleare. Anche il futuro ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas, è un sostenitore dello stato ebraico, a tal punto da essersi esposto a favore dell’annessione di parte della Cisgiordania. Rubio, Waltz, Hegseth, Huackabee sono nomi che al governo Netanyahu non possono non suonare gradevoli, sono rumorosamente a favore di Israele, ma al di là delle dichiarazioni, non mostrano una strategia per il medio oriente, se non quella di sostenere lo stato ebraico fino a quando si occuperà da solo degli affari della regione.
L’uomo da guardare però è più nascosto, si chiama Steve Witkoff e sarà l’inviato speciale di Trump in medio oriente. E’ un amico molto stretto del futuro presidente: quando alzerà il telefono, la chiamata arriverà diretta nello Studio Ovale grazie a un’amicizia coltivata nei campi da golf. Witkoff si intende di negoziati nell’ambito degli affari, ma non ha nessuna esperienza di diplomazia. Neppure il genero di Trump, Jared Kushner, ne aveva: non era inviato speciale, ma si trovò a mediare accordi ambiziosi per il medio oriente. Finora, Witkoff è la nomina più concreta che il presidente rieletto abbia fatto per il futuro di Israele.