Pyongyang ha da guadagnare dall’affare con Putin. Ma è anche un azzardo

I soldati di Kim Jong-un inviati in Ucraina hanno un’età media equivalente sì e no alla metà di quella dei combattenti di Kyiv, e nessuna esperienza sul campo. Che succede se troppi di loro tornano a casa nei sacchi neri?

L’armistizio di Panmunjom, che mise fine ai tre anni di guerra di Corea, fu firmato nel luglio del 1953. Dunque, 71 anni fa. Le fotografie o i video copiosamente accessibili dalla Corea del nord, sia pure tutte ufficiali o passate attraverso il controllo statale, mostrano spesso attorno a Kim Jong-un militari in uniforme dal petto costellato di medaglie al valore. Alcune giacche hanno un prolungamento di stoffa fino al ginocchio o usano direttamente i pantaloni per fare spazio alle medaglie in eccedenza. I veterani della guerra sono sulla novantina. Ma interi plotoni di ufficiali dall’aspetto giovanile sfilano metallizzati anche loro dalle decorazioni, e ci si chiede in quali imprese d’armi abbiano guadagnato la gloria.

“Il regime di Pyongyang da decenni fornisce armi al cosiddetto Asse della resistenza e adesso alla Russia… La Corea del nord è riuscita a sviluppare la tecnologia cyber, missilistica e nucleare che serve ai gruppi terroristici e ai paesi autoritari che vogliono sfidare l’ordine globale democratico” (Giulia Pompili). Si calcola che metà delle munizioni di artiglieria russa contro l’Ucraina siano venute da Pyongyang. Kim Jong-un vanta “l’esercito più potente del mondo”: certo è almeno il terzo quanto al numero, largamente superiore al milione. Suoi soldati sono stati mandati in giro per il mondo delle guerre sporche, come in Siria, ma mai numerosi come ora al fronte ucraino, “più di diecimila”, al servizio della Russia di Putin. La guerra all’Ucraina era già servita, con la banalizzazione della minaccia di impiego dell’atomica, a rafforzare enormemente la deterrenza nucleare cui il regime di Pyongyang è appeso, e a grattar via un po’ della patina di eccentricità pagliaccesca sotto la quale è cresciuto indisturbato. Il primo Trump fu l’autore fallimentare dello sdoganamento di Kim, e oggi, dopo aver dichiarato in campagna elettorale che il leader nordcoreano “sentiva la sua mancanza”, dovrà vedersela con lui in una condizione molto più compromessa.

I soldati nordcoreani – spediti in Ucraina, pare, con qualche centinaio di ufficiali e un gruppetto di generali – hanno un’età media equivalente sì e no alla metà di quella dei combattenti ucraini, e, tolto l’affrettato addestramento russo, nessuna esperienza sul campo. Benché appartenenti a truppe scelte, e probabilmente persuasi essi stessi di godere di un gran privilegio materiale e di “onore” (con le famiglie messe sotto sequestro per scoraggiare eventuali tentazioni a passare le linee), sono destinati secondo osservatori “esperti” a fare da carne da cannone. Sapremo prestissimo se sia così. Intanto, una prima notizia l’ha fornita qualche giorno fa Gideon Rachman sul Financial Times: i giovani soldati nordcoreani, al loro primo incontro con la rete (internet è proibito, salve deroghe, in patria, e il contrabbando di video è arrischiato) sarebbero accanitamente dediti alla scoperta del porno. La notizia è stata universalmente ripresa, compresa la coloritura piccante. E cretina: è difficile figurarsi un evento più serio dell’incontro fra giovani uomini e il mondo di fuori, fuori dall’incredibile isolamento realizzato dalla dinastia dei Kim, al di là di ogni immaginazione distopica.

Kim Jong-un ha molto da guadagnare dall’affare solennemente concluso con Vladimir Putin: in denaro, reputazione interna e intimidazione esterna (va moltiplicando le provocazioni contro Seul), e assistenza tecnologica negli armamenti. E forza contrattuale con Pechino. Il passaggio dalla fornitura di munizioni al trattato militare formale – una specie di articolo 5 russo-nordcoreano – e all’invio al fronte dei suoi uomini, avviene nel momento più favorevole all’Asse vagheggiato con Cina e Iran. Ma è anche un azzardo. Le sorti della guerra sul campo non sono dette, e la possibilità che un gran numero di soldati nordcoreani tornino indietro nei sacchi neri, e che al contingente iniziale già ingente si debbano aggiungere rinforzi, nell’escalation che la Russia persegue aspettando la presidenza Trump, lascia immaginare che, per la prima volta, migliaia di giovani tornino nella Corea del nord avendo sperimentato che un altro mondo è possibile, ed esiste già. Di là dalle trincee, e se non altro sui telefonini.

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