I popolari fanno saltare il patto di governo europeista scagliandosi contro Teresa Ribeira con una virulenza analoga a quella dell’estrema destra. Fallisce il primo tentativo di mediazione della presidente della Commissione
Bruxelles. All’improvviso, il teatrino politico europeo che avrebbe dovuto portare all’approvazione della Commissione ieri si è trasformato in un dramma istituzionale che mette in discussione la partenza del nuovo esecutivo di Ursula von der Leyen il primo dicembre. Le audizioni al Parlamento europeo dei candidati vicepresidenti martedì – tra cui quella di Raffaele Fitto – hanno provocato l’implosione della maggioranza europeista che a luglio aveva votato la fiducia alla presidente della Commissione. Il patto di non aggressione tra il Partito popolare europeo, i socialisti e i liberali di Renew è saltato. La responsabilità non è di Fitto ma del Ppe che ha colpito la socialista Teresa Ribera. Un primo tentativo di mediazione di Von der Leyen è fallito. Il voto di fiducia su tutta la Commissione previsto il 27 novembre è incerto.
Teresa Ribera è la vicepremier del governo di Pedro Sánchez. E’ stata scelta da von der Leyen come prima vicepresidente della nuova Commissione, responsabile della transizione climatica e della concorrenza. E’ la garanzia per i socialisti di poter contare ancora in un esecutivo comunitario dominato dal Ppe. Martedì, dopo che i socialisti avevano riservato un trattamento relativamente benevolo a Fitto, i socialisti si aspettavano lo stesso dai popolari con Ribera. Invece, su istigazione del Partido popular spagnolo che vuole dirottare l’attenzione dalle responsabilità del governatore della regione valenciana, Carlos Mazon, per le tragiche inondazioni di fine ottobre, il Ppe si è messo a bersagliare Ribera con attacchi personali di virulenza analoga a quella dell’estrema destra. Alla fine dell’audizione, i popolari hanno messo in dubbio la sua conferma, innescando l’escalation che nessuno si aspettava.
“La leadership del Ppe ha rotto l’accordo politico delle forze democratiche pro europee al Parlamento europeo a favore di un’agenda distruttiva del Partido Popular spagnolo”, ha denunciato la presidente del gruppo dei socialisti, Iratxe García Pérez. Il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, “mette a repentaglio in modo sconsiderato la Commissione e rompe la maggioranza pro europea, schierandosi con l’estrema destra”. Per il gruppo socialista, “è in gioco il voto sul prossimo collegio della Commissione europea”. La presidente dei liberali di Renew, Valérie Hayer, ha accusato Weber di “comportamento irresponsabile” e ha chiesto a Von der Leyen di assumersi le sue responsabilità “per superare lo stallo e costruire ponti”. Anche Pedro Sánchez ha fatto sapere a von der Leyen che era il momento di intervenire. In fondo, il Ppe è la famiglia politica della presidente della Commissione. Tocca a lei mettere ordine. Ieri von der Leyen ha invitato a pranzo Weber, García Pérez e Hayer.
Ma l’incontro si è concluso con un’altra escalation di accuse, recriminazioni e ricatti. Il gruppo socialista le ha comunicato la decisione di non votare la conferma di Fitto come vicepresidente, né quella del commissario nominato da Viktor Orbán, l’ungherese Olivér Várhelyi. Per parte sua il Ppe ha comunicato che non intende sostenere Ribera se non nell’ambito di un pacchetto, che includa anche Fitto e Várhelyi. Anche socialisti e liberali devono votare i due candidati italiano e ungherese. Weber ha spiegato a von der Leyen e García Pérez che il suo gruppo pone altre due condizioni alla spagnola: presentarsi davanti al Congresso a Madrid per assumersi le sue responsabilità da ministro riguardo le inondazioni di Valencia e promettere di dimettersi se sarà aperta un’inchiesta della magistratura contro di lei. “O c’è un cambio radicale da parte dei socialisti, oppure la Commissione Ursula 2.0 non sarà in carica il primo dicembre”, spiega al Foglio una fonte del Ppe. Secondo Weber sono i socialisti ad aver tradito i patti iniziali, mettendo in dubbio la conferma di Fitto come vicepresidente che era stata decisa a livello di capi di stato e di governo.
L’offerta di un voto a pacchetto sul trio Ribera-Fitto-Várhelyi apre la strada a un compromesso, ma probabilmente non prima del 20 novembre, quando la socialista si presenterà al Congresso a Madrid. Socialisti e liberali erano pronti già martedì a turarsi il naso sul vicepresidente italiano (meno sul commissario ungherese). Ma il dramma di ieri mostra quanto le relazioni interne alla maggioranza von der Leyen si sono deteriorate, nel momento in cui il Ppe cerca di imporre la sua egemonia. Von der Leyen non si è battuta per avere lo Spitzenkandidat del Pse, il lussemburghese Nicolas Schmit, nella sua Commissione e poi ha cacciato il liberale francese, Thierry Breton. Al Parlamento europeo il Ppe ha iniziato a votare con i gruppi dell’estrema destra: non solo l’Ecr a cui appartiene Fratelli d’Italia, ma anche quello dei Patrioti per l’Europa promosso da Orbán. Potrebbe accadere di nuovo oggi quando i deputati voteranno sulla legge sulla deforestazione, che socialisti e liberali vogliono limitarsi a rinviare di un anno, mentre i popolari sperano di modificare in profondità. “Il Ppe ha tirato troppo la corda e si è rotta”, spiega al Foglio un esponente socialista. Anche se la maggioranza dovesse ricompattarsi nel voto di fiducia il 27 novembre, difficilmente von der Leyen riuscirà a portare avanti la sua agenda se il Ppe, i socialisti e i liberali non sono in grado di cooperare tra loro al Pe.